13.5.1944. Bombardata la Pilotta. I danni ci sono ancora
13 maggio 1944 – Dalla Puglia decollano squadroni di fortezze volanti della XV Brigata dell’Air Force. Sono diretti su Parma e su Fidenza con un carico di ordigni esplosivi da lasciar cadere dal cielo. Non è la prima volta che la città conosce la paura dei bombardamenti, ma quella di questo 13 maggio è l’incursione che arreca i danni peggiori.
A Parma, le bombe esplodono su Barriera Garibaldi e sul vicino Monumento a Verdi, sul carcere di San Francesco, favorendo la fuga di diversi prigionieri, su piazza Garibaldi e sulla Croce Bianca, l’hotel degli artisti di piazza della Steccata, sulle chiese di San Giovanni e di Santa Teresa, su via Saffi, sulla scuola Pietro Giordani e soprattutto sulla Pilotta, il glorioso palazzo dei duchi.
Le vittime sono tante, oltre 50, e 400 i feriti. Ma altri raid precedenti hanno ucciso anche di più. Nessuno invece ha lasciato tanta distruzione su edifici rappresentativi di Parma. Lo scopo degli attacchi inglesi è danneggiare le infrastrutture di comunicazione, ma anche abbattere il morale della popolazione per togliere consenso al regime nazifascista che ancora controlla mezza Italia. E la distruzione che resta al termine della rapida tempesta di fuoco, oggi sono davvero deprimenti.
La prima bomba esplode attorno alle 14,30. Il bombardamento non dura molto. Alzata la polvere e spenti gli incendi, si scopre che in quei pochi terribili momenti la città ha perso alcuni tesori inestimabili. In Pilotta vanno distrutte quasi completamente l’ala sud e l’ala ovest, così come l’adiacente Teatro Reinach.
La parte nobile dell’edificio, già riadattata a Prefettura, è persa. I soffitti della Pilotta si schiantano sulle stanze della Galleria Nazionale. I libri della Palatina crollano assieme alle macerie; a conti fatti ne vanno persi 15.000. I faldoni dell’Archivio di Stato bruciano. Va in fiamme anche il Teatro Farnese.
Con i pompieri, i primi ad accorrere per salvare il salvabile sono i padri cappuccini, aiutati dai benedettini di San Giovanni e dai frati francescani dell’Annunziata. Caricate alla rinfusa su carri e carriole, quante più carte vengono portate lontano e ricoverate nell’abbandonata chiesa del Carmine.
Le tele della Galleria Nazionale sono salve perché in gran parte già nascoste a Torrechiara, ma anche molti dei documenti dell’Archivio sono già stati imballati dal direttore Giovanni Drei e nascosti a Monticelli.
Negli anni successivi, la Palatina riavrà i suoi spazi. L’Archivio, invece, dal 1948 si trasferisce in Oltretorrente, nell’Ospedale Vecchio, rimasto vuoto da un paio di decenni: i faldoni vanno ad occupare il luogo dove per secoli proprio i cappuccini hanno operato in favore degli ammalati; per l’impegno in occasione del disastro di questo 13 maggio, il 2 giugno 1959 il convento dei cappuccini di Parma viene insignito della medaglia d’oro dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
La guerra durerà ancora un anno. Per metter mano alla ricostruzione dei monumenti si dovranno attendere gli anni ‘50. La Biblioteca Palatina riaprirà al pubblico nel 1954, con una nuova Galleria Petitot, fatta come quella crollata. Il Teatro Farnese verrà riprodotto uguale a quello originale tra 1956 e 1962, riutilizzando i legni superstiti, ma le statue di gesso sono troppo rovinate per tornare al loro posto. Una notevole parte dei documenti d’archivio, invece, restano ancora in attesa di riordino.