13.12.1295. Assalto al monastero dei benedettini guerrieri
13 dicembre 1295 – Il monastero di San Giovanni evangelista è trasformato in una fortezza e i monaci vestono gli abiti del guerriero. Le milizie cittadine attaccano l’antico luogo di preghiera, perché il suo abate, Anselmo da Marano, ha deciso di sfruttare chiostri e celle per costruire e nascondere le armi della fazione avversa a quella che governa Parma.
I ghibellini, nel corso del 1295, sono riusciti momentaneamente a prevalere, riuscendo a cacciar via anche il vescovo. Il monastero di San Giovanni diventa il centro della resistenza guelfa.
Il nuovo podestà Umberto Guarnieri ha vietato a chiunque di tenere armi nell’area urbana, minacciando di radere al suolo qualsiasi casa nella quale fossero trovate spade, lance o archi. Il 12 dicembre, qualcuno tradisce e riferisce a Guarnieri che in San Giovanni non si rispetta l’ordine. Le armi, con ogni probabilità le ha fatte arrivare segretamente Azzo d’Este, signore di Ferrara, Modena e Reggio, che i guelfi vorrebbero anche a capo di Parma.
Così, nella notte, il podestà manda alcune guardie per ispezionare il monastero. I monaci non le fanno entrare, anzi, due soldati sono pure ammazzati.
All’alba viene fatta suonare la campana della piazza, per convocare il Consiglio cittadino, con la richiesta di armare duemila uomini e attaccare il monastero. Si iniziano a distribuire le spade.
Cristoforo da Marano, fratello dell’abate, prova a prendere i ghibellini in contropiede attaccando per primo, ma è respinto. Nelle strade iniziano gli scontri. La milizia ghibellina ha presto la meglio e arriva fino a San Giovanni. L’abate Anselmo scappa da Parma.
Dopo i sanguinosi fatti del 13 dicembre 1295, il monastero di San Giovanni evangelista resta un centro di complottisti e sobillatori. Tanto che nel 1303 papa Bonifacio VIII assegna al nuovo vescovo Papiniano il compito di riportarlo al suo scopo di luogo di preghiera e lavoro, allontanando tutti i monaci troppo appassionati di politica.
Chi non abbandonerà mai la lotta sarà l’abate Anselmo, che nel 1322 sarà messo alla gogna e poi processato con accuse infamanti e pure per aver rovinato economicamente il monastero che guidava. Neppure questo lo fermerà e fino alla morte resterà un acceso oppositore dei ghibellini.