15.11.1940. I Monument Men di Torrechiara
15 novembre 1940 – È fatta! L’operazione per salvare le opere d’arte di Parma dai sequestri nazisti e dalle bombe alleate si è conclusa come da programma. Centinaia di quadri sono stati portati nel castello di Torrechiara e qui occultati in ogni possibile nicchia, murati a secco dietro cortine di sassi tolti e poi ricollocati. Le opere resteranno nascoste fino alla fine della guerra.
A Torrechiara le prime tele arrivano a settembre, ma la gran parte del lavoro è svolta in soli tre giorni, dal 13 al 15 novembre del 1940. Inizialmente, come depositi erano stati scelti Villa Paganini a Gaione ed un edificio a Ronco Campo Canneto. Ma l’antico maniero dei Rossi pare più sicuro, per i tanti nascondigli e perché il sovrintendente Armando Ottaviano Quintavalle è riuscito a convincere i tedeschi a riconoscerlo “zona aperta”, cioè ad avere la garanzia che nessun soldato si avvicinerà a più di tre chilometri.
L’11 ottobre 1935, il Comitato protezione antiaerea aveva tenuto una prima riunione per organizzare la difesa dei beni storici della città. Al Regio Museo di Antichità, molte opere sono imballate già dall’autunno 1939. Eppure a Torrechiara giungono anche diversi pezzi privi di protezione. Quelli di maggiori dimensioni non passano per la porta e allora vengono issati direttamente dalle mura.
Il lavoro è stato predisposto proprio da Quintavalle, che per questi dipinti sarebbe disposto a rischiare la vita. E svolto da una decina di persone in tutto, che ora devono occuparsi di sorvegliare il tesoro; solo gente fidata. Sono loro i Monuments Men di Parma, che per cinque anni si adattano a vivere a turno nel freddo castello e ad andare avanti e indietro dalla città in bicicletta.
Qui a Torrechiara è arrivata l’intera pinacoteca della Pilotta, ma anche molti dipinti di collezioni private e di enti religiosi. L’operazione di Quintavalle ha davvero salvato il patrimonio artistico della città: fossero rimasti ai loro posti in Pilotta, i quadri della Galleria Nazionale sarebbero bruciati.
Le uniche opere che non sono state portate nel rifugio sono le statue, troppo pesanti per essere traslocate. Così al monumento a Maria Luigia in veste di Concordia di Antonio Canova capita di ricevere un intero tetto addosso; il marmo è recuperato fra le macerie con una mano ed un piede spezzati.
Ma il pericolo è anche un altro: salvare le collezioni da furti tedeschi. Nel giugno 1944, la Repubblica sociale ordina di concentrare le opere d’arte italiane in una località sul lago Maggiore, pericolosamente di strada per la Svizzera e la Germania… Allora il sovrintendente prende tempo, accampa problemi si sicurezza, denuncia la mancanza di mezzi per il trasporto, il personale scarso e non in salute. Insomma, riesce a far sì che neppure una tela esca dal castello prima della Liberazione nel 1945.