Cronaca,  Età contemporanea,  Politica

20.3.1848. Rivoluzione contro i Borbone

20 marzo 1848 – Da Milano giunge la notizia della rivolta scoppiata contro i dominatori austriaci, le famose Cinque giornate. I parmigiani non ci pensano su due volte e anche nei borghi del centro storico di Parma inizia la rivoluzione.

Il giorno prima, la fiera di San Giuseppe in piazza Ghiaia ha radunato un gran numero di cittadini. Ed è da lì che parte il corteo di una prima protesta, che manifesta sotto le finestre dei Gesuiti e poi in piazza Grande (Garibaldi), urlando slogan che invocano l’uso delle armi.

Le armi sparano dal mattino seguente. In questo 20 marzo, alle 8 del mattino, un gruppo di insorti attacca il Palazzo Ducale della Pilotta. Subito scende in strada l’esercito, che spara. I rivoltosi arretrano lungo borgo Bondiola (Mazza) e borgo San Biagio e si asserragliano sui tetti di borgo della Macina.

I soldati sparano ancora e uccidono cinque persone: Enrico Melegari, Alessandro Braibanti, Nestore Salvetat, Luigi Ferrari e Guido Crema.

Lo scontro dura in tutto due ore e mezza. Sufficienti a spaventare il duca Carlo II di Borbone, in carica da giusto da tre mesi, che scappa da Parma.

Lo stesso 20 marzo, Carlo firma di suo pugno un breve “Decreto reale” in cui scrive: “Desiderando Noi di allontanarCi da questi Stati unitamente alla Nostra Reale Famiglia”, “trasferiamo il Supremo Potere con facoltà di dare quelle istituzioni e provvedimenti che nell’attuale condizione delle cose crederà necessari” ad un consiglio di reggenza di cinque uomini.

Questi cinque – Luigi Sanvitale, Girolamo Cantelli, Ferdinando Maestri, Pietro Gioia e Pietro Pellegrini – già convocati nel Palazzo della Pilotta, mentre il duca fa le valige e parte, approvano a loro volta un proclama “con cui esortano ciascuno all’ordine e alla pace”, affidando “la tranquillità della Città” “alla moderazione, valore e saggezza dei Cittadini, e della Guardia civica organizzata come si può meglio nelle presenti circostanze”.

Il reggimento Ducale, che aveva sparato in borgo della Macina, viene “consegnato in Castello”, ovvero tutti soldati devono restare chiusi in Cittadella. Sono cambiati anche tutti i vertici delle forze di polizia.
Ai rivoltosi viene riconosciuto il merito di aver saputo “mettersi generosamente nelle vie delle politiche riforme”.

Poi, dopo l’appello ai buoni sentimenti, la reggenza si assicura che tutti tornino alle loro case ordinando – come si faceva ai tempi di Maria Luigia – la distribuzione di pane ed elemosine ai poveri, l’avvio di lavori pubblici dove impiegare i disoccupati e qualche particolare provvidenza alle famiglie dei morti della rivolta.

Pochi giorni dopo, da Milano giungeranno le congratulazioni del governo provvisorio per la rapida e vittoriosa azione di Parma: “La notizia del moto di Parma ha messo ora il colmo al nostro patriottico tripudio. Il Governo provvisorio di Milano offre le sue congratulazioni al Governo provvisorio di Parma”.

Il 20 marzo è finito. Il ‘48 di Parma è stato breve ma intenso, giusto due ore e mezza per convincere il duca a lasciare carta bianca per riforme istituzionali adeguate agli ideali risorgimentali.

Nei mesi seguenti, i cittadini voteranno per plebiscito l’unione al Regno di Sardegna ed eleggeranno deputati per il Parlamento di Torino; provvedimenti in realtà di breve durata, perché la vittoria dell’Austria sui Savoia nella Prima guerra d’indipendenza riporta tutto allo status quo ante. Il duca torna il 25 agosto 1849 e non è più Carlo II ma suo figlio Carlo III. Ma non è stato tutto inutile: i fatti del ‘48 sono infatti le prove generali del cambiamento epocale che arriverà una decina di anni più tardi.

Borgo della Macina non si chiama più così. Dal 20 marzo 1898 il suo nome è borgo 20 Marzo.

Piangiamo i Fratelli. Invidiamo gli eroi,
litografia commemorativa dei morti di Parma del 20 marzo 1848,
opera di Gioacchino Levi e Vincenzo Bertolotti, con motto del barone Gian Giacomo Mistrali.
Piangiamo i Fratelli. Invidiamo gli eroi,
litografia commemorativa dei morti di Parma del 20 marzo 1848,
opera di Gioacchino Levi e Vincenzo Bertolotti, con motto del barone Gian Giacomo Mistrali.
Targa commemorativa dei vari moti risorgimentali a Parma, Portici del Grano del Municipio.
Targa commemorativa dei vari moti risorgimentali a Parma, Portici del Grano del Municipio.

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