Età contemporanea,  Politica

7.10.1836. Il parmigiano che voleva uccidere il re

7 ottobre 1836 – Un parmigiano in fuga sbarca a New York. Negli ultimi tre anni, si è mosso continuamente, in Toscana, in Svizzera, a Malta, a Tangeri, e dopo tre anni di sosta a Boston, ripartirà per l’Inghilterra. Da cosa fugge? Ha attentato alla vita del re di Sardegna Carlo Alberto, anche se il Savoia non se ne è mai accorto…

L’esule si chiama Antonio Gallenga, classe 1810. A 21 anni, quando è studente di Medicina, partecipa ai moti di Parma del 1831 e deve lasciare la città.

Nell’agosto del 1833, raggiunge Ginevra per incontrare Giuseppe Mazzini all’Albergo della Navigazione. Al repubblicano racconta quel che ha nell’animo: lui ucciderà il re di Torino, reo di aver perseguitato i mazziniani. Mazzini non crede che il reicidio serva a granché, ma aiuta comunque il parmigiano, procurandogli un falso passaporto a nome Luigi Mariotti e gli dona mille lire. Gallenga ringrazia e promette che griderà “Viva l’Italia!” nel momento in cui colpirà Carlo Alberto.

Gallenga torna in Italia dal San Gottardo e arriva a Torino, dove resta fino in novembre. Deve studiare bene il colpo. L’attentato sarà fatto nella Galleria della Sindone del Palazzo reale, dove ogni domenica il sovrano passa sempre alla solita ora. Gallenga ha già ispezionato il posto fingendosi un turista.

Ma serve un’arma. Il parmigiano si rivolge ancora a Mazzini, che manda un altro ragazzo per fargli avere un piccolo pugnale con manico di lapislazzoli, caro ricordo che fino ad allora ha tenuto sulla propria scrivania.

Qualcosa però va storto. Questo secondo ragazzo viene notato dalle spie del governo e i carabinieri perquisiscono l’immobile dove entrambi sono alloggiati. Gallenga si prende paura e scappa da Torino.

È qui che è iniziata la sua fuga per il mondo, perché a Parma non può rientrare, in Piemonte men che meno e Mazzini non lo aiuta più, dopo che se l’è squagliata nel momento decisivo.

Il re non saprà mai del pericolo che ha corso. Nel 1836, nessun servizio di informazioni in Piemonte sospetta del mancato attentato. Ma allora perché oggi la storia è nota?

Sarà lo stesso Gallenga, con grande ingenuità e un po’ di cinismo, a raccontarla anni dopo, mettendosi ancora nei guai e finendo per essere esiliato una seconda volta.

Succede infatti che dopo l’Unità d’Italia, il mancato assassino del re Gallenga può tornare in Piemonte e diventa pure deputato. Negli Stati Uniti e poi a Londra, ha iniziato una carriera da saggista e docente universitario. Ripassa anche da Parma nel 1848, per partecipare a nuovi moti. Si allontana dai repubblicani per abbracciare la monarchia ed è eletto parlamentare.

Ma in uno dei suoi libri, accenna a quell’attentato mancato di cui è stato lui stesso promotore e protagonista. Mette solo lo pseudonimo di Luigi Mariotti, ma i mazziniani lo leggono, ne hanno a male e lo smascherano. Lo stesso Mazzini scrive una lettera ad un amico raccontando i fatti e il testo finisce con l’essere pubblicato. Gallenga non nega nulla, suscitando così lo sdegno di mezzo Piemonte, e deve riprendere a scappare…

Vivrà facendo lo scrittore, ancora in America e Inghilterra, per il resto della vita.

Ritratto di Antonio Gallenga, litografia della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano
Ritratto di Antonio Gallenga, litografia della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.