5.10.1859. L’odiato Anviti linciato dalla folla
5 ottobre 1859 – Un treno rosso sosta nella stazione di Parma. La ferrovia è stata appena costruita e non ci sono ancora corse di linea, ma qualche convoglio charter già transita. L’arrivo di una locomotiva è inevitabilmente uno spettacolo che attira gente, così tutti i passeggeri sono osservati da molti occhi. Come ha fatto, quell’uomo, a non pensare che sarebbe stato notato? A non prevedere che tanti lo avrebbero riconosciuto? Come ha creduto di poter ripartire indenne, con tutti i cattivi ricordi che ha lasciato?
A sera, il rosso non sarà più quello del treno, ma del sangue versato di quell’uomo.
Chi è? È Luigi Anviti, 49 anni, che vorrebbe tornare a casa sua a Piacenza. Impossibile.
Per molti anni, Anviti ha rappresentato il braccio violento dei Borbone, prima a Pontremoli e poi a Parma. In qualità di comandante di piazza, ha guidato una sorta di polizia politica che ha bastonato, arrestato e fucilato molti liberali. Ma ora i Borbone non ci sono più. Parma è passata ai Savoia, ha votato per l’Italia unita, e Anviti rappresenta solo il regime caduto e odiato dai vincitori.
Dopo il plebiscito, il colonnello era scappato a Rimini. Ora vorrebbe tornare a casa. Ma lo riconoscono in tanti e molti di più accorrono. E inveiscono, urlano, minacciano. Vogliono vendetta.
I carabinieri arrivano e arrestano Anviti. È salvo? No, il linciaggio è solo rimandato.
Una folla ormai numerosissima, con i randelli e i fucili, assedia la caserma in cui sta il violento sceriffo senza più potere. Un maresciallo offre ad Anviti la pistola per togliersi da solo la vita. Lui rifiuta. La gente inferocita sfonda finestre e porte e cattura l’uomo sceso dal treno. Lo farà a pezzi. Letteralmente.
Nessuno sa quanti colpi si abbattono sul corpo di Anviti. Pugni e pugnalate. Nessuno sa dopo quanti colpi il colonnello muore. Ma la vendetta non è ancora consumata.
Il cadavere già irriconoscibile è trascinato al Caffè degli Svizzeri in strada San Michele (Repubblica), raduno di ufficiali, dove per anni Anviti ha sorbito caffè e fumato tabacco. La folla decapita il corpo, qualcuno ordina da bere e versa il caffè nella bocca di una testa staccata, assieme a un sigaro. Tronco e arti sono attaccati ad un cavallo e trascinati per le strade. Parma è impazzita: sembra una gara a tirar calci ai miseri resti di quel meschino. Alla fine, la carne straziata è abbandonata davanti all’Ospedale in strada Santa Croce.
Ecco la cronaca del linciaggio dal giornale La Staffetta:
“Dopo molto cercare, trovato l’Anviti, fu posto sotto i talloni, ferito di stile, e forse subito morto; trascinato fuori in retta via, verso la Bassa de’ Magnani, sull’angolo de’ Quattro Malcantoni, fu colpito di pistola, colpito morto: di là trascinato il cadavere nel caffè svizzero, ne fu tronca la testa e posta sulla colonna della piazza con lumi accesi, cui si aggiunse poscia una torcia a vento: presi certi suonatori ambulanti e tratti presso la colonna, dovettero suonare l’inno nazionale. Intanto il tronco era rotto, straziato e tratto per le strade maestre, s. Lucia, Borgo delle Asse, Borgo del Vescovo, strada S. Barnaba, strada S. Croce, poi al ritorno lasciato sugli scalini del caffè: ripreso ancora e tradotto per la strada S. Quintino, dove finalmente una compagnia di Pinerolo se ne impossessò”.
La colonna su cui viene infissa la testa di Anviti è l’Ara dell’Amicizia, la colonna che il Petitot aveva eretto nel 1769 per la visita dell’imperatore Giuseppe II. Sporcata di sangue, la colonna verrà rimossa 23 giorni dopo la morte dell’odiato colonnello, per cercare di dimenticare questa giornata di straordinaria follia.