2.5.1586 – Ranuccio il borioso, che il papa vuole giustiziare
2 maggio 1586 – Ranuccio Farnese, nipote del duca, rientra a Parma dopo due mesi trascorsi a Roma ospite dello zio cardinale Alessandro. È stata l’esperienza peggiore della sua giovane vita: il papa ha ordinato di tagliargli la testa e se è ancora vivo, lo deve solo alla scaltra intelligenza dello zio.
Il papa è Sisto V, famoso uomo intollerante: “Papa Sisto nun la perdonò manco a Cristo”, dicono nella capitale. Da poco ha ordinato che nella sua città nessuno possa portare armi. Il nostro Ranuccio, con la boria dei suoi 17 anni e un padre condottiero, ignora il divieto e continua a tenere le sue due pistole alla cintola, sotto la camicia.
Purtroppo per lui, il papa se ne accorge. Invitato al Palazzo apostolico del Vaticano, si inginocchia davanti a Sisto e proprio allora una delle pistole gli cade in terra. Il pontefice non ci pensa due volte e ordina di arrestarlo, di rinchiuderlo in Castel Sant’Angelo e di giustiziarlo nella notte, al primo rintocco di campana di una certa ora.
Lo zio Alessandro non osa chiedere pietà. Sa che non si può far cambiare idea a questo papa. Per salvare il nipote, meglio giocare d’astuzia.
Il cardinale muove tutti gli uomini fedeli su cui può contare a Roma e fa in modo che quella sera nessun suono esca da nessun campanile. Poi torna dal papa e anche se l’ora è tarda chiede udienza, per implorare la grazia.
Sisto lo riceve, ma non ha intenzione di fermare l’esecuzione. Vuole solo prendere il giro il cardinal Farnese. Tergiversa finché l’orologio nella stanza non suona l’ora indicata per l’esecuzione. Solo allora scarabocchia su un foglio l’ordine di scarcerazione per Ranuccio, convinto che tanto ormai il giovane sia già passato all’altro mondo.
Ma il boia, che non ha sentito campane, non ha giustiziato nessuno. Così il cardinale Alessandro lo può liberare. Prima che sorga il sole, Ranuccio è già in viaggio per Parma.
Scoperto l’inganno, Sisto – che era stato Minore conventuale – esclama: “Un prete ha gabbato un frate!”, e già medita vendetta. Qualche tempo dopo, al termine di un concistoro, il papa ferma Alessandro e lo fa stendere in terra a pregare ad alta voce davanti a tutti. Il cardinale sapeva che non l’avrebbe passata liscia, ma per la vita del nipote, che di lì a pochi mesi inizierà a governare Parma, questa piccola umiliazione è poca cosa.