
24.2.1934. Il film di Cilien, Piron, Nanna Cusani, i Clerici e Stiliano
24 febbraio 1934 – Al Cinema Centrale di piazzale della Macina viene proiettato per la prima volta il primo film prodotto e interamente girato a Parma: Torniamo in campagna, commediola di nessun successo, ma che mette insieme diverse personalità e macchiette locali di lunga memoria.
Nel 1933 in città era nata una società che ambiva di diventare casa cinematografica, la ARSAF – Artisti Riuniti Società Anonima Film. Vuole produrre pellicole che piacciano alle masse, che facciano ridere, ma anche che insegnino qualcosa.
Torniamo in campagna, primo prodotto di questa Arsaf, è la storia di due contadini che provano a trasferirsi in città, ma si mettono nei guai, vengono arrestati, e capiscono che è meglio riprendere la strada che porta là fra i campi. Dichiaratamente, il racconto vuole sostenere le politiche fasciste in favore della ruralità.
Il film viene girato fra primavera e estate 1933. Il budget è di sole 35.000 lire, oltre ai compensi degli attori, pagati con royalty sugli incassi futuri (cioè nulla). Gli interni si recitano nell’ex cinema Marconi in via Bixio. Gli esterni in dodici diversi angoli della Parma del primo Novecento. Il film è muto. Fra ottobre e gennaio vengono montate le scene e aggiunte didascalie in dialetto parmigiano. Finalmente il film è pronto.
Nonostante il battage pubblicitario del critico della Gazzetta Franco Guerci – che è anche il regista –, il film resta in cartellone solo quattro giorni. Le ambizioni della Arsaf muoiono qui.
Ma grazie a quella pellicola 35 mm di 53 minuti, pochi fortunati collezionisti conservano filmati della Parma che fu e di Cilien, di Piron, di Nanna Cusani, Vittorio Donati, Giulio e Mario Clerici, di Stiliano Barani.
Cilien è Icilio Pelizza, attore, orologiaio, irriducibile organizzatore di burle, dotato di un repertorio inesauribile di freddure. Cilien è alto poco sopra il metro: Piron, al secolo Pirro Bonini, gli fa da gemello diverso, grande e grosso com’è.
Di Donati si racconta che non ha la laurea perché ad un esame invece del solito 30 e lode gli hanno offerto solo 30, allora, invece che l’avvocato, fa il disegnatore caricaturista per molte riviste, lo sceneggiatore e l’attore, sempre in parmigiano.
Barani è innamorato del canto, vorrebbe fare il baritono, ma gli manca volume nella voce, così, a parte qualche partecipazione nel coro all’opera e a questo film, fa il ristoratore: giusto nel 1933 ha aperto il ristorante Stigliano accanto al Regio, da subito ritrovo di tutti gli artisti, fino ai bombardamenti del ’44.
I fratelli Clerici, anche con la sorella Nera, sono comici h24: non si impegnano per far ridere solo quando stanno sul palco, ma ad ogni festa, nei negozi, dal dentista, con tale successo che tutti fanno a gara per averli intorno.
Lanfranchi è un attore filodrammatico che recita anche nei film di don Camillo, fondatore di compagnie dialettali fucine di talenti.
È con loro che nasce il cinema parmigiano.


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Succede il 24 di febbraio:

