14.8.1307. Pene crudeli per purificarsi dai delitti
14 agosto 1307 – Viene a Parma il vescovo di Reggio Enrico de Casalorci per una cerimonia di purificazione della cattedrale. Lo scorso 29 giugno, festa di San Pietro, un tale ha profanato il duomo compiendovi un delitto di sangue. È stato necessario chiamare il presule reggiano perché il vescovo di Parma Papiniano della Rovere si rifiuta di venire in città finché Giberto da Correggio non gli restituirà il suo palazzo, dove ha preso dimora.
Che fine ha fatto il sacrilego? Bloccato dalla folla presente nel tempio, è stato subito trascinato in piazza Ghiaia e qui impiccato accanto a porta Cappellina.
Tutto sommato gli è andata bene. In questo periodo la giustizia viene amministrata con pene davvero crudeli. Le condanne a morte sono frequenti e i modi per eseguirle a volte terribili.
Ad esempio, nel 1236, il nuovo podestà Ospinello da Sommo cremonese, per metter fine ai tanti delitti che si registrano a Parma, fa sapere a tutti che il prossimo che sarà arrestato, subirà una punizione esemplare. Un prete non lo ascolta e uccide tal Gherardo Nauli di Noceto. Il vescovo Grazia lo degrada a semplice cittadino, così l’ex prete viene processato, condannato e ucciso bollito vivo in una pentola su un fuoco acceso nella Platea Communis (piazza Garibaldi).
Nel 1287, sono arrestati due killer venuti a Parma appositamente per assassinare due uomini immigrati il primo da Reggio e il secondo da Bologna. Torturati perché facciano il nome del mandante, ne viene sentenziata la morte. Vengono appesi per un’ora alla ringhiera del palazzo del Comune, poi legati su un carro assieme al boia che strappa loro pezzi di carne. Arrivati in piazza Ghiaia, sono di nuovo appesi a testa in giù e così lasciati fino alla morte.
Nel 1294, Magnano da Cornazzano lascia Parma dopo una condanna ed assieme ad altri 40 banditi sale in Appennino e si impossessa del castello di Grondola, oltre il crinale. Assediato da mille militi parmigiani, i banditi fuggono ancora. Cinque di loro vengono arrestati. La condanna è essere trascinati legati dietro a dei muli da Parma fino a Collecchio, e lì impiccati.
Questi rituali di violenza hanno una evidente matrice propagandistica, ma probabilmente trasformare la condanna in uno spettacolo macabro ha anche un valore apotropaico: il sacrificio del reo per riportare la comunità all’ordine dopo il disordine causato dal condannato. Se serve un vescovo per purificare la cattedrale dove è stato commesso un delitto, occorre la sofferenza del colpevole per scacciare il male che ha agito attraverso di lui.