Epoca Moderna,  Viaggi

12.6.1804. Viaggio ai monti di Parma

12 giugno 1804 – Il geografo Antonio Boccia parte per l’esplorazione delle valli della Parma, del Parmossa e del Cedra. Il governatore Moreau de Saint-Mery lo ha incaricato di percorrere l’intero Appennino parmense e piacentino, per fornire alla Francia una piena conoscenza di questa zona di montagna.

Boccia è un militare in pensione, già anziano, non proprio in salute, ma da sempre studioso curioso della natura. L’avvento di Napoleone e le sue note simpatie per i transalpini gli offrono l’occasione di diventare cartografo. La relazioni di Boccia, Viaggio ai monti di Parma, è la prima descrizione completa delle alte valli del Ducato. Ci sono esploratori che per trovare luoghi ignoti da raccontare devono andare dall’altra parte del mondo, ma anche in casa, a inizio Ottocento, restano porzioni importanti di territorio ancora da scoprire.

Boccia parte in questo 12 giugno 1804 da Rigoso a cavallo e gira fra Monchio, Zibana, Palanzano e Lugagnano, dove vede un lago oggi scomparso grande quasi come il Santo. Poi raggiunge al lago Ballano, che duecento anni fa è circondato da una fitta foresta di faggi. Sale sul monte Caio, sul quale raccoglie quattro varietà di orchidea “tanto vantata per i filtri amorosi”.

Qui, nei suoi scritti, quasi come guardando dall’alto, il nostro geografo descrive Musiara e la valle del torrente Parmossa, fino a Vezzano, Castel Mozzano e Orzale. Poi Corniglio e la val Bratica con Casarola, Grammatica e Riana, poi le Valli dei Cavalieri e le Corti di Monchio, tutti territori che dice molto poveri.

Il viaggio reale di Boccia prosegue invece verso Tizzano, su sentieri malmessi e poco sicuri, Antreola, Vezzano, Lupazzano, Neviano, Faviano e finalmente Mulazzano, dove l’esploratore si ferma a lungo ad osservare i barboj: “polle, ossia borbolli” che scaturiscono dalla costa, “il numero non può calcolarsi, poiché da un istante all’altro si perdono per riprodursi in altro luogo”, e assaggiando quest’acqua ribollente, si sente sapore di “petroleo”. Boccia è tanto interessato ai barboj perché “cosa da me tanto desiderata” sarebbe trovare un vulcano, anche spento; ma nel parmense non c’è proprio.

L’itinerario scende fino ai piedi delle colline, a Cazzola di Traversetolo, dove ci sono resti che si credono romani, perché da queste parti qualcuno a trovato monete degli imperatori Antonini. Ci sono anche strati di conchiglie nel terreno, della cui origine Boccia non sa darsi spiegazione.

Boccia è un viaggiatore curioso e quando sente dire che in cima alla torre della chiesa di Lesignano sta una campana molto antica, si arrampica fino in cima “ad onta della pericolosa e difficile scala”.

Il viaggio riprende da Arola, Torrechiara e Langhirano, per inoltrarsi in val Parma. Attraversate molte località arriva a Beduzzo, area segnata dalle frane, a volte così gravi che 60 prima una aveva formato “un lago per qualche giorno”, nel 1770, poi, interi campi erano scivolati nel fiume con gli alberi rigirati e sepolti per metà e a Casola – sull’altra sponda – 25 anni prima una casa era stata ingoiata, per cui gli abitanti della zona sono molto devoti a san Nicola, protettore dalle slavine.

A Sivizzo, Antonio Boccia osserva che tutti i 113 abitanti “sono di straordinaria grandezza” fisica e di carattere fiero – racconta –, anche le donne: “saran trenta e più anni, che prendendo congedo un emigrante dalla sua amata, temendo che lui assente diventasse infedele, gli propose a progetto di cauzionarlo uno dei più crudeli progetti, cioè di lasciarsi cucire le parti vereconde. Il barbaro amatore la prese in parola, e si accinse egli stesso alla crudele e dolorosa operazione che con eroico coraggio fu sofferta dalla fanciulla”. Sempre qui, un marito geloso, scoperta la moglie con l’amante, gli tagliò il pene con una forbice per tosare le pecore, “l’eunuco vive tuttora in Toscana”.

Boccia va oltre Corniglio e le sue miserie umane per raggiungere Sesta, Bosco e il lago Santo. Per procedere fra i boschi, Boccia si fa precedere da “uomini armati di scure per rendere il cammino permeabile”. Salito fino al crinale, il nostro vede il mare là all’orizzonte.

Questa parte del viaggio è conclusa. Boccia riprenderà presto a spostarsi per esplorare anche la valle del Baganza e più avanti Taro, Ceno e quindi l’intero Appennino piacentino. Scendendo dal lago Santo, non può fare a meno di notare quanti pochi siano i pesci nella Parma: fino a qualche tempo prima, in molti tratti la pesca era riservata ai signori del posto, ma ora che è libera, si fa razzia di animali fino a impoverire l’ambiente. È così che vanno i tempi nuovi: tanta attenzione per il mondo, studiato ed esplorato, ma al fine di sfruttarlo senza limiti. Del resto, perché mai i francesi pagano Boccia per viaggiare su e giù fra le valli, se non per avere informazioni utili a meglio controllare il territorio e utilizzarne le risorse?

Profilo dell'Appennino parmense (montagnatore.blogspot.com)
Profilo dell’Appennino parmense (montagnatore.blogspot.com)

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