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17.4.1886. Parma sotto il mare

17 aprile 1886 – Parma riscopre il suo passato remoto, grazie ad una serie di scavi fortuiti che riportano alla luce resti di animali preistorici.

In questo 17 aprile 1886, sul Bollettino della Società Geologica Italiana, il geologo Alberto del Prato dà notizia del rinvenimento dello scheletro di un rinoceronte, che correva sulle prime colline del parmense 600.000 anni fa.

La scoperta avviene “nello scavare alcune buche per estrarre dal sottosuolo sabbie ad uso di costruzioni, in una località detta Lodesana nel comune di Salsomaggiore e precisamente sulla sinistra del piccolo rio dei Mojaster nel fondo denominato Cà neuva proprietà dell’avv. Gian Cristoforo Corretti”, racconta Del Prato.

Le prima ossa ad attirare l’attenzione degli scavatori sono parti di mandibola. Viene informato Pellegrino Strobel, direttore del museo dell’Università di Parma, che ottiene da Corretti il permesso di fare indagini archeologiche.

Il 22 marzo 1886, Strobel, Del Prato e l’ingegner Alberto Saglia scavano per trovare lo scheletro:

Lo scavo non presentò pel terreno difficoltà serie risultando tutto il terreno di argilla la qual trovandosi bagnata si poteva levare facilmente. Ben presto lo strato ossifero fu messo allo scoperto”.

Le ossa sono molto rovinate, tendono a sgretolarsi, ma diverse sono comunque recuperate. Vengono portare al museo parti di mandibola compresi alcuni denti, frammenti di vertebre, di costole, di un omero, dello sterno, del bacino e varie altre ossa, e una zampa posteriore sostanzialmente completa.

L’animale è subito identificato come un rinoceronte di giovane età e negli anni successivi sarà precisato che è un Rhinoceros Mercki Jager, specie vissuta nel Pleistocene.

Il rinoceronte non è il primo animale preistorico ritrovato nel parmense. Riassume sempre Del Prato:

Nel 1866 cominciò l’epoca delle scoperte di mammiferi fossili nel Parmense con resti di rinoceronti trovati fra le sabbie nel colle di Arola presso Torrechiara alla sinistra del Parma. A questi si aggiungono nel 1882 i resti Elephas meridionalis rinvenuti a Belvedere di Bargone presso Tabiano, resti che furono presentati all’adunanza della Società geologica italiana del 6 aprile 1884 rinvenuti in un deposito quaternario”.

Deve essere stato un parmense ben diverso da come è oggi, quello dell’epoca in cui rinoceronti ed elefanti vivevano liberi fra boschi e radure delle colline.

Nel maggio 1896, proprio Del Prato troverà l’animale più antico, che porta ad un’epoca ancora più lontana, a quando Parma era sotto il mare. Vicino a Santa Maria del Piano, infatti, rinverrà i resti di un cetaceo, che come altri emersi nel piacentino, fra 3,6 e 2,5 milioni di anni fa nuotava nelle acque che ricoprivano il nord Italia.

Scriverà sempre Del Piano: “Nello scorso maggio [1896], in S. Maria del Piano, sul colle detto Cantone della Rabbiosa, al displuvio fra la piccola valle del Rio Masdone e quella del Parma (309 m), mentre si eseguiva uno scavo per costruzioni nel podere del signor Fedele Mori, furono rinvenute alcune vertebre e pochi frammenti di altre ossa, a me inviate poi dalla cortesia del proprietario”. Del Prato le riconosce come i resti di un Tursiops, antenato del delfino.

Resti di balenottera del Miocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore
Resti di balenottera del Miocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore
Resti di balenottera del Miocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore
Resti di balenottera del Miocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore
Resti di delfino del Pliocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore
Resti di delfino del Pliocene esposti al MuMAB – Museo Mare Antico e Biodiversità, San Nicomede di Salsomaggiore

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