Economia,  Età contemporanea

8.3.1916. Donne eroine dell’agricoltura al tempo della guerra

8 marzo 1916 – Ovidio Bonelli di Sissa riceve la chiamata alle armi. Con lui, fra 1915 e 1918 alle trincee sono avviati decine di migliaia di parmensi. Ovidio saluta la moglie Clelia, i loro due figli di 2 e 5 anni, la madre vedova e una sorella di 14 anni che vivono con loro. E saluta pure i suoi campi. Chi li coltiverà, ora che lui è a fare la guerra?

In casa Bonelli, come in moltissime altre case di agricoltori, la fatica della terra passa sulle spalle della moglie, che fino al termine del conflitto dovrà aggiungere al lavoro domestico anche quello dell’aratro e della stalla.

Quella di Clelia Bonelli è una delle tante storie di donne che durante la Prima Guerra Mondiale si assumono l’onere di mandare avanti l’Italia.

Proprio per riconoscere il valore del loro contributo al Paese, dal 1917 il ministro Giovanni Raineri istituisce un premio al lavoro femminile nei campi. Alle donne segnalate per il loro impegno in agricoltura, sono assegnate medaglie d’oro e d’argento e piccoli contributi economici, 20 o 30 lire.

Nel parmense sono ben 425 le donne premiate per tale opera, sparse su 39 comuni. A convincere il ministro a concedere questo riconoscimento sono associazioni agrarie di tutta la penisola. A Parma, ad insistere per il premio è l’agronomo Antonio Bizzozero, che nel 1920 pubblicherà un volumetto con i nomi di tutte le contadine eroine del ‘15-‘18. Ma secondo Bizzozero, le medaglie avrebbero dovuto essere molte di più: tante donne non sapevano dove rivolgere domanda per il giusto riconoscimento mancando comitati ad hoc nei loro territori.

Le donne fecero miracoli di attività e di amore – afferma Bizzozero –, dividendosi da mane a sera tra le cure della famiglia e le cure dei campi e del bestiame. Per tal modo la produzione agraria del 1915 e quella del 1916 non ebbero a soffrire diminuzione. Furono le donne che consegnarono alle Commissioni incaricate alle requisizioni le bestie bovine, il fieno e la paglia, compiendo talora lunghi e faticosi tragitti. E quante volte non si videro nei campi vangare la terra, guidare l’aratro, falciare l’erba nei prati stando sulle falciatrici, ed eseguire altri dei più faticosi lavori!”.

L’onorevole Guido Albertelli, sullo stesso tono e nello stile aulico del tempo, scrive di “ammirare, lagrimando di commozione, le povere contadine – persuase anche dalla mia costante predicazione – che sacrificano, sostituendosi agli uomini assenti e centuplicandosi, la loro vita e la loro giovinezza alla zolla per dare nutrimento a chi combatte e a chi aspetta”.

Qualche caso di donna che si è “centuplicata”: Paolina Bandini di Castione Marchesi, dopo essere rimasta vedova e aver visto i cinque figli maschi chiamati alle armi (come nella canzone di De Gregori), regge una famiglia di 13 persone – 3 nuore e 10 nipoti bambini –, coltivando 20 ettari di terra e governando la stalla con 15 animali; Maria Rolli di Colorno prende il posto del marito mungendo sette quintali di latte da Parmigiano al giorno e curando il porcile con 50 suini; le sorelle Italiana, Marcella, Maria, Teresa e Adele Casalini di Neviano Rossi sostituiscono i fratelli al fronte tenendo in piedi l’azienda agricola avuta in mezzadria; anche Maria Sanna, a Pellegrino, sostituisce il fratello nella conduzione di ben tre fondi agricoli per 134 ettari, e non solo li fa tutti funzionare, ma ne migliora il rendimento; le sorelle Celestina, Teresa, Maria, Italina e Giuseppina Berzieri coltivano senza aiuto di nessun uomo la terra e le bestie di famiglia a Marzano di Salsomaggiore; e così via per una gran numero di agricoltrici di 80 anni fa.

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