9.3.1368. Rissa letale fra italiani, tedeschi e ungari
9 marzo 1368 – Parma è un accampamento militare. Non è la prima volta che Bernabò Visconti sceglie questa città per radunare il suo esercito in vista di spedizioni contro l’uno o l’altro dei territori contesi ai suoi nemici. Ma stavolta ha esagerato: papa Urbano V ha indetto contro di lui una crociata e il signore di tante città lombarde si difende assoldando in tutta la penisola qualsiasi mercenario disposto a seguirlo. Il risultato è un’accozzaglia di gente armata in differente maniera e che parla lingue diverse, portata tutta a Parma.
Ci sono italiani, tedeschi, ungari, ci sono fanti e cavalieri. E non è che i vari gruppi se la intendano poi tanto. Va così che sul far della sera di questo 9 marzo, nella piazza di Parma, gruppi di soldati prendono ad offendersi e poi a picchiarsi e a combattersi con spade, coltelli e mazze.
La rissa dura due ore. Gli scontri cessano solo quando fa così buio da non distinguere più le facce amiche. Sul terreno restano molti cadaveri. Muoiono uomini di tutte le parti, ma chi ha la peggio sono i tedeschi e gli ungheresi, con 32 vittime.
Francesco Ordelaffi, comandante di questo sgangherato esercito, convince i vari capifazione a chiudere subito le ostilità. Ma i tedeschi covano vendetta: il 1° maggio, a Guastalla, per lavare l’onta di Parma i mercenari tedeschi attaccano i loro compagni italiani, ammazzandone 500. I cadaveri sono gettati nel Po e ritrovati a Borgoforte, 25 chilometri di fiume più a valle. A loro volta, venuti a sapere della strage, a Bergamo gli italiani si accaniscono sui commilitoni tedeschi trucidandone 45.
Per mettere fine alla faida interviene personalmente Bernabò Visconti, cavalcando da Parma a Guastalla. Convince tutti a calmarsi e poi, in pochi giorni, licenzia i tedeschi sostituendoli con nuovi mercenari inglesi.