13.11.1902. La casa abbandonata di Ferdinando Santi
13 novembre 1902 – Al principio di strada dei Mercati, a pochi metri da un lurido sottopasso ferroviario, sta un edificio dimenticato, sempre chiuso, assediato dalle erbacce e dal traffico. È la casa natale di Ferdinando Santi una delle più significative figure parmigiane del primo Novecento.
Qui, nel 1902 abitano Eugenio e Clementina, lei bracciante agricola, lui lampista (fa manutenzione all’illuminazione della ferrovia). Eugenio lavora da quando è bambino. Gran parte dell’infanzia l’ha consumata in fornace. Analfabeta, impara a leggere e scrivere da adulto, restando sveglio la sera sotto una lampada ad olio, per ottenere il diritto di votare. E si fa anche eleggere, diventando assessore del municipio di Golese.
Il 13 novembre nasce Ferdinando. Quattro anni dopo, sempre in questa casa, Clementina muore, di parto.
Eugenio, padre vedovo, vuole che il figlio studi e gli trasmette la passione per la politica. Ferdinando lo ascolta e assorbe valori e combattività della sinistra emiliana. A 15 anni ha già in tasca la tessere del Partito socialista: non lo tradirà mai.
Ripercorrere tutta la carriera di Ferdinando Santi richiederebbe molto tempo. Giovanissimo, ricopre incarichi di crescente complessità a Parma, nel partito e nel sindacato, e partecipa alle Barricate del ‘22. Lascia per la prima volta quella casetta di sasso vicino alla ferrovia solo per andare sotto le armi.
Quando torna, l’Italia è diventata fascista. Ferdinando no, lui resta di sinistra e lavora nell’ombra per opporsi al regime. Più volte picchiato dalle camice nere, anche ferito con un’arma da fuoco, sceglie la via dell’esilio.
Ferdinando di nuovo lascia la casa in strada dei Mercati e si sposta fra Torino, Milano, la Svizzera, la Repubblica partigiana dell’Ossola. Può muoversi perché diventa agente di commercio. Ma il primo scopo dei suoi viaggi è stringere amicizie, anche con personalità della levatura di Ferruccio Parri, Sandro Pertini, Giovanni Roveda.
Nella casa di Golese torna solo per sposarsi, con Maria Pattacini, ma finché c’è la dittatura, per un convinto e noto socialista è meglio stare lontano.
Ma tutto passa, anche Mussolini, anche la guerra. La giovane fragile Italia repubblicana trova in Ferdinando Santi un uomo affidabile. Coerente e determinato, ha sempre sfuggito gli estremismi e le divisioni, come quando rifiutò di seguire l’acceso Alceste De Ambris nel lontanissimo 1920 alla Camera del Lavoro. Dal 1947 al 1968, Santi diventa dunque il leader della componente socialista all’interno della Cgil. Dal 1948 al 1968 è deputato socialista.
Vent’anni trascorsi per lo più a costruire ponti e spegnere incendi, per tenere la barra dritta su un riformismo graduale, per cambiare il mondo senza rivoluzioni. In Parlamento si occupa di previdenza sociale, di legislazione del lavoro, di squilibri in campo economico, di garantire lavoro. Vent’anni trascorsi a Roma, anche a Parma, ma più a Roma, e la casetta la ricorda sempre meno.
Malato e stanco, Santi si ritira nel 1968, torna nella sua città e qui muore il 15 settembre 1969. Un anno dopo, sulla casa al principio di strada dei Mercati, viene apposta una targa in sua memoria. Vi si legge:
“Militate battagliero del movimento operaio e socialista. Esempio ai lavoratori per onestà di vita e di idee. Fiero e umile figlio di questa terra di Parma che sempre tanto ha dato per le lotte operaie e per il riscatto del mondo del lavoro”.