17.9.1859. Lo statuto del dittatore Farini
17 settembre 1859 – Lo Statuto Albertino diventa legge fondamentale anche a Parma. Promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto di Savoia, resterà carta costituzionale in Italia fino al 27 dicembre 1947.
Parma è il secondo territorio esterno al Regno di Sardegna in cui questo Statuto si allarga, dopo Modena, dove è in vigore dal 2 settembre.
A stabilire che la legge di Torino è legge anche a Parma, è un dittatore: Carlo Luigi Farini, che oggi Parma ricorda nel nome di una delle sue vie più centrali. Il titolo di dittatore glielo ha dato personalmente il re Vittorio Emanuele II e i parmigiani si sono adeguati, offrendoglielo a loro volta. Farini lo accetta il 18 agosto e lo stesso giorno saluta i parmigiani con un proclama che invita a mettere da parte i campanilismi:
“Quale l’imbelle che possa pensare a pompe cortigiane od a borie municipali, quando ci sta dinnanzi lo spettacolo di un popolo che risorge?”; e ad accettare gli ordini che saranno loro dati: “Ordinati, voi sarete temperanti nelle parole, sarete arditi, se occorra, nei fatti”.
L’arrivo di Farini a Parma serve a rendere reale l’annessione dell’antico Ducato al Regno di Sardegna. Già nel 1848, con un atto ufficiale del 16 giugno, Torino aveva dichiarato l’annessione di Parma. Ma allora, re Carlo Alberto non era stato abbastanza svelto nell’approfittare degli eventi per passare dalle parole ai fatti. E Parma aveva mantenuto la sua autonomia.
Nel 1859, i Savoia non ripetono l’errore. In attesa di compiere tutti gli atti necessari per l’unificazione con Parma, mandano Farini a controllare gli elementi chiave così che nessuno possa più credere di poter tornare indietro.
A Parma, Farini resta poco. Già è dittatore anche di Modena, dove preferisce mantenere la propria base, e nei mesi seguenti lo diventa pure della Romagna, di dove è originario. Per la prima volta, i territori dell’attuale Emilia-Romagna sono uniti in un’unica unità amministrativa, che è appunto il territorio sottoposto alla dittatura di Farini.
Classe 1812, Farini è medico e politico, fin da ragazzo convinto ed attivo sostenitore degli ideali risorgimentali. Dopo aver svolto incarichi di prestigio in Romagna, nelle Marche e in Toscana, è approdato in Piemonte e lavora per i Savoia dal 1849.
In Emilia svolge un buon lavoro, almeno agli occhi dei piemontesi. Per i parmigiani ha fatto anche danni, ad esempio disperdendo i tesori d’arte dei palazzi ducali, svenduti senza neppure un inventario.
Prese le Due Sicilie, Vittorio Emanuele vorrebbe che Farini ripeta anche al sud il lavoro fatto in Emilia, ma il contesto è diverso e non ottiene gli stessi risultati. Tornato a Torino, diventa presidente del consiglio dei ministri, per poco però: nel marzo 1863, di fronte al rifiuto del re a dichiarare guerra alla Russia in sostegno alla Polonia, afferra un tagliacarte e lo minaccia alla gola. Viene proclamato pazzo e chiuso in manicomio per tre anni, fino al suo ultimo giorno.