21.5.1533. Margherita Antoniazzi, una Bernadette in Appennino
21 maggio 1533 – Fra i boschi più alti della Val Ceno viene consacrata una piccola chiesa che attira gente da tutto l’Appennino. È l’oratorio dell’Annunciata nella frazione di Caberra, edificata assieme ad un monastero altrettanto piccolo per ospitare Margherita Antoniazzi, o come dicono tutti “la Devota”, assieme alle sue quattro consorelle, le suore margheritine. A meno di due chilometri di distanza sta la grotta dove Margherita è diventata la Devota: è la Lourdes del parmense, la grotta dove una pastorella ha incontrato la Madonna e dove avvengono guarigioni miracolose.
Sì, proprio come la Bernadette Soubirous di Lourdes, anche la nostra Margherita Antoniazzi pascola le greggi, non sui Pirenei ma fra i monti di Bardi. Come lei è nata in una famiglia povera, è analfabeta ed è molto pia.
All’età di 22 anni, nel 1524, in casa di Margherita entra la peste. Sua madre muore. Lei, per non contagiare altri, abbandona il paese per i boschi e trova rifugio nelle due spelonche della Rondinara. Passa i giorni in preghiera, forse perché ha paura, o forse speranza, o per passare il tempo, e mentre è lì che prega, ecco la prima apparizione.
Non è ancora la Madonna, ma san Rocco, protettore dalle malattie infettive. E la ragazza guarisce dalla peste. Poi vede piangere una Maria dipinta su un quadro, alla quale aveva raccontato tutte le sofferenze della gente della montagna. Poi le appare san Pietro. E molte e molte volte parla alla Madonna, ricevendo risposta.
Le apparizioni sono state raccontate da un nipote di Margherita, Bartolomeo:
“Una notte, mentre era in quella grotta si levò un tempo di tuoni, lampi, e venti, et perché haveva posto li suoi panni in molio per lavarli, in detto fiume si levò per andarli a ripigliarli perché non fossero condotti via dall’acqua per il sudetto mal tempo, et andando sentì una voce che diceva: ‘Oh Margherita!’. Essa disse: ‘Chi mi chiama?’. Rispose, e disse, ”Io sono San Rocco’ [era san Rocco …]. Parlava con gli Angeli, e vedeva nostro Signore in forma di bambino sopra l’altare. […] Una notte essendo in oratione sentì una voce che disse: ‘Dite a don Bartolomeo, huomo di buona vita, che è sonata la tromba di Christo per lui’. Essa dimandò: ‘Chi siete voi?’. Rispose: ‘Io sono san Pietro’. [Don Bartolomeo] andato a Bardi subbito morse”.
Margherita inizia a compiere gesti straordinari: attraversa un lago camminando, reggendo due ceri accesi che l’acqua non può spegnere; ma soprattutto lì nella sua grotta, e poi ancora in questo santuario inaugurato il 21 maggio 1533, le persone escono risanate da febbri e ferite.
Altri gesti sanno meno di miracolo, ma sono comunque degni di memoria: già prima di andare alla Rondinara, Margherita donava gran parte del poco cibo che aveva, perché sapeva che pur povera, c’erano altri più poveri di lei. Quando diventa famosa e riceve regali, li usa per aprire una scuola, la prima scuola gratuita per tutti nell’Appennino. Ogni volta che nasce un bambino, porta alla madre tutti i cuscini e stoffe che trova nel monastero.
Anche il signore della Val Ceno, il principe Federico Landi, si affida più volte a lei, chiedendo la sua intercessione e facendole benedire i figli. Quando gli nasce la figlia Giulia, dona alla Devota la statua d’argento di una bambina; sarà fusa per farne un calice.
E poi Margherita muore. È un altro 21 maggio, del 1565. La Devota ha 63 anni e ha trascorso una vita felice: tutti la ricordano sempre sorridente e serena. Inizia subito la causa di beatificazione, ma per qualche motivo si interrompe. Solo nel 1999 il processo viene riaperto ed è tuttora in corso.
Il cranio di Margherita Antoniazzi è conservato come reliquia nell’oratorio a Caberra aperto nel 1533. A quasi 500 anni dalle apparizioni nella grotta, in Val Ceno c’è sempre chi prega la Devota.