
2.10.1486. Il prete accusato di essere untore della peste
2 ottobre 1486 – Pellegrino, prete della chiesa della Santa Trinità, è accusato di aver portato la peste in città. L’Anzianato di Parma invia ambasciatori a Milano pretendendo adeguati provvedimenti contro l’untore, perché lo ha fatto proprio apposta (“inventor”)!, sostengono gli accusatori.
Non sappiamo come sia andata a finire, ma abbiamo il sospetto che come nella Storia della colonna infame, sia l’irrazionalità della paura ad aver messo alla gogna quel provero parroco.
La pestilenza, che in quest’anno è segnalata anche in Veneto e in Romagna, continua a propagarsi in Parma fino alla seconda metà di febbraio del 1487.
Come di consueto, chiunque sia scoperto contagiato viene confinato in casa assieme a tutta la sua famiglia. Un certo Daniele Bonzagni è incaricato di organizzare il rifornimento di pane, vino e carne alle case degli infetti e la sepoltura dei morti. Del sostegno alle case abitate abitate da ebrei colpiti dal morbo se ne occupa invece Filippo de’ Quintrello.
Le epidemie spaventano sempre, anche in questo 1486, tanto da spingere a gesti irrazionali come credere agli untori. Eppure, andrebbero considerate difficoltà inevitabili, perché non c’è epoca che non ne abbia subita più d’una.
A fine Ottocento, la Società medico-chirurgica di Bologna pubblicò le statistiche storiche sulle epidemie in Italia. Fra il 1177 e il 1850, in Parma città sono segnalate 43 pestilenze. Nei 674 anni considerati, ben 48 sono trascorsi in compagnia di pandemie. Per il maggior numero di eventi, i dati riportati nelle cronache non permettono di identificare con precisione la malattia; fra i casi descritti a Parma, prevale la peste bubbonica, che si è diffusa per ben 12 volte (sette nel Trecento, una nel Quattrocento, tre nel Cinquecento, una nel Seicento); 5 le epidemie di tifo.
E ancora il Covid era da venire…


