16.2.1740. Giambattista Bodoni, il tipografo che il mondo ama
16 febbraio 1740 – Nasce Giambattista Bodoni, il tipografo che il mondo ama.
Nasce in Piemonte, a Saluzzo, anche se eleggerà poi Parma a sua nuova patria e qui troverà l’ambiente adatto ad esprimere il suo genio, fatto di indefesso lavoro, perfezionismo, buon gusto e voglia di stupire, o come direbbe lui, di incantare.
Bodoni nasce e cresce accanto ad un tornio da stampa, figlio di un tipografo. Per perfezionare ciò che ha appreso in casa, a 18 anni ancora da compiere si reca a Roma, dove si mantiene vendendo stampi intagliati nel legno. Questi sono subito notati alla stamperia di Propaganda fide, che lo assume per la creazione degli alfabeti orientali.
Pochi anni dopo, fra la fine del 1762 e l’inizio del 1763, muoiono le due persone che più lo sostengono nella città papale, l’abate Costantino Ruggeri ed il cardinal Spinelli. Bodoni decide allora di partire per Londra, ma si ferma a Torino e poi torna a Saluzzo perché ammalato. È l’imprevisto migliore della sua vita, l’incidente del destino che lo devierà verso Parma e l’infinito successo.
Proprio in quei mesi, a Parma il ministro Du Tillot cercava un direttore per avviare una nuova stamperia. Scoverà Bodoni al termine di un lungo giro: Du Tillot si rivolge a Parigi per avere un buon stampatore, ma la richiesta viene girata a Roma perché più di un francese conviene un italiano, che meglio conosce la lingua; a Roma c’è Paolo Maria Paciaudi, che ha apprezzato Bodoni e ne insegue le tracce, chiedendo a Torino e da qui lo ritrova a Saluzzo. Finalmente informato dell’offerta di Parma, Giambattista Bodoni accetta con entusiasmo e si trasferisce in Emilia.
Il tipografo arriva a Parma il 24 febbraio 1768 e non se ne va più, se non per brevi viaggi. Man mano che inizia a produrre libri, opuscoli o anche semplici fogli, la sua fama cresce conquistanto grandissimi favori. Nel 1771 gli viene proposto di trasferirsi a Milano, nel 1785 Napoli, nel 1788 a Roma, con offerte di compensi vantaggiosissimi, ma lui ha ormai scelto Parma e le resta fedele per la vita.
A Parma, ha carta bianca nell’allestimento della Stamperia ducale, che occupa un lungo corridoio oggi della Biblioteca Palatina, dove a lungo è stato il Museo bodoniano (da poco trasferito in piani più bassi), con vista sul torrente ed il Parco ducale. Qui non stampa solo in italiano, ma – sulla scorta di quanto fatto a Roma – si diverte a comporre opere nelle lingue più esotiche, arrivando a 105 idiomi nello stesso libro!
Per accontentare tutte le richieste di sovrani esteri, a fine 1790 gli è accordato il permesso di avviare anche una stamperia propria, con due torchi, dove assolve a commesse da corti di tutta Europa. Questa attività provata gli dà quella sicurezza economica necessaria per sposarsi. Le nozze con la parmigiana Paola Margherita Dall’Aglio celebrate il 19 marzo 1791 sono è la definitiva sigla del legame con la città.
Nobili e prelati fanno la fila per avere opere stampate da Bodoni. Principi e re vengono a Parma appositamente per conoscerlo e scoprire il suo laboratorio. Persino Napoleone, nel 1805, lo omaggia di una sua visita. Nel 1793, il Conte di Provenza, poi Luigi XVIII re di Francia, ospite in Pilotta esclama: “Ma foi! Celle-ci est la première imprimerie du monde” (In fede mia, questa è la prima stamperia del mondo!). E il successo di Bodoni non si ferma certo ai contemporanei. Un’intera famiglia di font tuttora utilizzati è figlia delle lettere di Bodoni. Steve Jobs, quando a metà anni Ottanta disegna i caratteri per i primi Macintosh, si ispira sempre a Bodoni (prima sullo schermo c’erano solo lettere pixelate).
A cosa si deve tanto successo? Alla concezione nuova di Bodoni per la stampa, che nel XXI secolo possiamo capire anche meglio che ai tempi suoi, visto l’enorme sviluppo della grafica. Per Bodoni, la stampa ha una bellezza sua che non ha bisogno di mescolarsi con altro. Elimina allora dai caratteri tipografici tutti gli ornamenti che altri utilizzavano, ripulendoli e inseguendo il miglio equilibrio fra le parti che li compongono: linee spesse e linee sottili, le rette delle aste e le curve delle grazie. E poi dà alle lettere il giusto spazio, fra di loro e sul foglio, con ampi bordi, alla ricerca del bello più che di ogni altra cosa.
Come dice Bodoni nel suo postumo Manuale tipografico:
“Han grazia le lettere quando, quando sembrano scritte non già con isvogliatezza o con fretta, ma piuttosto, che con impegno e pena, con felicità ed amore”.