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9.11.1961. Attentato al partigiano di bronzo

9 novembre 1961 – Una bomba esplode in via Garibaldi. La vittima è una statua, il Monumento al partigiano collocato pochi anni prima. L’ordigno, collegato ad un timer ad orologeria, divelle dal suolo il piedistallo e rovina irrimediabilmente uno dei due uomini di bronzo: il partigiano legato e fucilato, quello disteso a terra, è ucciso una seconda volta. La deflagrazione gli ha spezzato un braccio, ha quasi staccato l’altro ed ha aperto uno squarcio di oltre mezzo metro nel fianco di metallo.

L’attentato ha un’alta valenza simbolica. Ne parlano i giornali di tutta Italia. Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, che il 30 giugno 1956 aveva personalmente inaugurato il monumento di Parma, assieme all’Anpi offre 10 milioni di lire a chi denuncerà il dinamitardo.

Non sono ancora gli Anni di piombo, ma Parma è per un periodo non breve base di gruppi di estrema destra, militaristi, che sognano la risurrezione del fascismo. Nel 1960, per l’unica volta nella storia della Repubblica, il Paese è stato retto da un governo appoggiato dall’MSI, esperienza breve che aprirà ad una lunga stagione di centrosinistra, una svolta insopportabile per i nostalgici di destra.

In poco più di un mese, proprio indagando negli ambienti di destra, la Polizia scopre il colpevole: un ragazzo di 18 anni, studente del liceo Maria Luigia, di nome Ettore Napoli, da poco espulso dalla locale sezione del partito missino per le sue posizioni estremiste. Il giovanotto parla di un misterioso complice ungherese, che avrebbe procurato la bomba e che lo avrebbe poi tradito per intascare la taglia attraverso un intermediario. Ma quel personaggio non salterà mai fuori.

Per il suo gesto, Napoli sarà punito con tre anni di confino, misura che non lo aiuterà a redimersi, perché negli anni ’70 sarà di nuovo arrestato, accusato di preparare un nuovo attentato e di aver creato un arsenale con 5.000 proiettili in un appartamento a Parma.

Intanto, lo scultore Marino Mazzacurati, autore del monumento, verificato che il danno fatto dall’esplosione non è riparabile, si offre di rifondere la statua a proprie spese, utilizzando lo stampo originale. Così, quell’uomo in terra che ancora si vede nel prato di piazzale della Pace davanti a un muro di mattoni (recuperati da una casa distrutta dai bombardamenti del 1944) non è l’originale, ma una copia d’autore.

La statua vittima dell’attentato del 1961, invece, si trova al cimitero della Villetta, nella galleria dedicata alle vittime della Resistenza, dove è stata posta il 31 ottobre 1968.

Il Monumento al Partigiano ha subito un secondo “attentato” di tutt’altro genere nell’anno 2000, quando, nell’ambito della riqualificazione di piazzale della Pace, è stato spostato in cima ad una collinetta e circondato da panchine. Le modifiche sono state criticate aspramente da Mino Lusignoli, l’architetto che ha progettato l’opera nel 1954, tanto da avviare una lunga causa contro il Comune di Parma autore del cambiamento. Il monumento ora è lontano dalla gente e chi si siede volta le spalle ai partigiani. Nel 2010, il Comune è stato condannato a pagare 65.000 euro alla vedova di Lusignoli come risarcimento morale.

Marino Mazzacurati, Monumento al partigiano, Parma, parte ricostruita dopo la bomba del 1961
Marino Mazzacurati, Monumento al partigiano, Parma, parte ricostruita dopo la bomba del 1961
Marino Mazzacurati, Mino Lusignoli, Monumento al partigiano, Parma

Marino Mazzacurati, Mino Lusignoli, Monumento al partigiano, Parma

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