Cronaca,  Età contemporanea

5.10.1905. Clelia uccisa per scherzo a 14 anni

5 ottobre 1905 – Uccide una ragazzina di 14 anni con un colpo di rivoltella per scherzo, e resta in carcere per appena tre mesi. Può capitare, quando si è figlio di un senatore e stimato medico.

Enrico D’Anna, che ha sparato alla vittima, in questo 5 ottobre 1905 può lasciare il carcere di Borgo San Donnino (Fidenza), dove è stato detenuto per 79 giorni. Anche se nel successivo processo verrà giudicato colpevole, non rimetterà mai più piede in cella.

È il 19 agosto 1905, verso le 8 del mattino. Siamo alle Terme Magnaghi di Salsomaggiore, stabilimento di cui è medico il giovane D’Anna – ha 36 anni –, professore di Patologia chirurgica. Nel cassetto della scrivania del gabinetto in cui incontra i bagnanti in cura, D’Anna trova una pistola. Pare che l’avesse lasciata lì tanto tempo prima e che se ne fosse dimenticato.

Per motivi che nessuno si prenderà la briga di approfondire (D’Anna ha moglie e figli…), nel gabinetto entra una giovanissima bagnina, Clelia Tramballi. E il dottore, per scherzare – dirà – le punta l’arma addosso. È convinto che sia scarica e lui gioca; beng beng farebbe la rivoltella se avesse la cartuccia nel caricatore. D’Anna abbassa il cane e preme il grilletto. E la polvere da sparo scoppia per davvero e il proiettile esce dalla canna. Anche il nome di chi l’abbia inserito e quando e perché, sono dettagli che gli inquirenti non cercano. Clelia, colpita alla testa, cade a terra, in un lago di sangue, subito esanime.

Il medico è sgomento. Non voleva ucciderla. Lui stava giocando. Ma la quattordicenne Clelia è morta lo stesso.

D’Anna esce dalle Terme, corre alla caserma dei carabinieri e si costituisce immediatamente. Arrestato, resta in carcere fino a questo 5 ottobre 1905, dopo che gli inquirenti hanno mutato l’iniziale accusa di omicidio volontario in omicidio colposo per imprudenza.

Il processo si terrà il 23 marzo 1906. Il medico – che nel frattempo ha lasciato il suo posto alle Terme – viene condannato ad appena 5 mesi di reclusione e 200 lire di multa, ma abbonati per la “legge del perdono”, norma in vigore dal luglio 1904 che non solo dà facoltà al giudice di sospendere la carcerazione, ma pure cancella la condanna se il reato non viene reiterato nei sei mesi successivi. Una pena che più mite non si può.

Il salone pompeiano delle Terme Magnaghi di Salsomaggiore in una cartolina del 1905
Il salone pompeiano delle Terme Magnaghi di Salsomaggiore in una cartolina del 1905

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Succede il 5 di ottobre:

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