9.12.1936. Ferruccio cantastorie vagabondo
9 dicembre 1936 – Ferruccio Carini termina la sua impresa della vita: Parma-Napoli a piedi, 800 chilometri in 40 giorni.
Ferruccio è uno dei personaggi di Parma del primo Novecento. Lo conoscono tutti. Tutti lo incontrano nelle strade, di giorno e di notte. Un’elegante macchietta, un’anima d’artista, un giramondo povero ma libero.
Ferruccio, di mestiere è calzolaio, è muratore, è imbianchino, è pesatore municipale in piazza Ghiaia, è corista di una compagnia internazionale con la quale si esibisce fin in Francia e in Brasile, è fuochista sui piroscafi Colombo, Minas e Giulio Cesare, che collegano l’Italia all’America meridionale. Ma sul serio non fa nulla e si ritrova sempre a bighellonare per le viuzze di Parma.
In città, per vivere accetta mance dai tanti che agli angoli si fermano ad ascoltare le sue storie. Il pittore Bruno Giandebiaggi lo ha soprannominato “il Fedro moderno“, perché Carini è un bravissimo narratore e infarcisce i racconti di animali, dei quali imita il verso: il coccodè della gallina, il miao del gatto, l’oink del maiale, il qua qua qua dell’anitra… Grandi e piccoli si divertono ad ascoltarlo e poi lo ricompensano senza che lui debba neppure allungare il cappello.
E naturalmente, fra i racconti che ripete più volentieri, c’è questa sua avventura a piedi lungo lo Stivale d’Italia.
Per i parmigiani, Carini è “Garibaldi”, un soprannome legato ai capelli e alla barba lunghi e bianchi. Ma proprio la bella barba da Eroe dei due mondi sarà oggetto di un brutto scherzo.
Ormai vecchio, a Carini capita di assopirsi in strada. Una notte del 1937 si addormenta sui gradini del monumento in piazza, dorme di un sonno pesante e alcuni giovani balordi si avvicinano: prima con un rasoio gli tagliano parte della barba e poi con i cerini gli bruciano i peli rimasti. Da allora, non c’è giorno senza che “Garibaldi” chieda a qualcuno se sa chi siano quei balordi. Morirà senza scoprirlo.