9.11.1983. Memorabile terremoto rovina il centro città
9 novembre 1983 – Il terremoto del 1983 a Parma lo ricordano in tanti, tutti quelli che in questo 9 novembre sono in città, perché la scossa che scuote la terra è tanto intensa da spaventare gli animi e da segnare alcuni dei maggiori monumenti.
Alle 17,29, un sisma del VI-VII grado della scala Mercalli, si scatena da un punto a mezza via fra Parma e Langhirano dalla profondità di 30 chilometri. Stime successive indicheranno la potenza dell’evento in magnitudo 5.1.
Non importa se è buio e fa freddo: si scappa tutti in strada. Qualcuno ha notato un bagliore violaceo nel cielo nel momento della scossa. Questo terremoto si è sentito molto meglio che tanti altri di anni antecedenti. Altre scosse seguono nelle ore e nei giorni successivi. Anche a Collecchio, Sala, Noceto e Traversetolo la situazione è identica. Le onde sismiche si allargano in maniera sensibile in tutta la pianura Padana lombarda.
Nel terremoto una cinquantina di persone si feriscono e molti danni si registrano in città. Cadono camini, cornicioni, tegole e all’interno franano i muri di sasso e si incrinano solai e pilastri. Sono 497 gli alloggi che il mattino dopo saranno dichiarati inagibili, con 1.166 sfollati a lungo sistemati in alberghi della città, di Salso e di Tabiano. Ma le abitazioni danneggiate sono molte di più: ben 2.907 nel solo centro storico, più di una ogni cinque.
Purtroppo, la scossa colpisce anche alcuni degli edifici più antichi e più rappresentativi di Parma. La lista dei luoghi pubblici storici coivolti è lunga. Ci sono crolli in cattedrale e in vescovado, dove alcuni ambienti resteranno abbandonati per anni e anni. Si hanno danni in Pilotta, nell’Ospedale Vecchio, nel Palazzo Ducale del Giardino, al Teatro Regio, che non potrà ospitare la stagione lirica, trasferita al teatro Ducale. Oltre al duomo, le chiese colpite sono ben 30, comprese l’Annunciata e la Steccata.
Anche le scuole sono coinvolte e la mattina del 10 molti alunni restano a casa in attesa di verifiche nelle aule da parte di tecnici. Alla fine due plessi risulteranno tanto malmessi da dover essere ricostruiti: la scuola media Bottego e l’istituto professionale di via Farini.
Piccoli crolli anche in Tribunale, all’ospedale Maggiore, nella sede della Provincia, nelle sedi di varie facoltà universitarie.
Per rimettere a posto tutto occorrono molti miliardi di lire – gli aiuti statali sono cospicui – e diversi anni.
C’è di buono che i controlli a tappeto sulla statica delle costruzioni in città porta alla luce le numerose situazioni di precarietà preesistenti al sisma e la mancanza di elementi antisismici, come le catene che dovrebbero sempre legare i muri di strutture antiche. Un lavoro che favorirà il risanamento del centro storico e la diffusione di buone pratiche. Nei terremoti successivi i danni non saranno mai tanto estesi e pesanti.