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9.11.1944. L’eredità del partigiano Giacomo Ulivi

9 novembre 1944 – I fascisti, per rappresaglia, ordinano l’uccisione di tre prigionieri politici detenuti nella prigione di Modena. Fra loro è anche il parmigiano Giacomo Ulivi, un ragazzo che ha compiuto 20 anni da poco. Sarà ammazzato il giorno successivo, fucilato sulla piazza Grande di Modena.

Fra migliaia di partigiani parmensi, fra centinaia di martiri della Resistenza, la memoria di Ulivi gli sopravvive per la lucidità della visione critica del suo tempo, la capacità di esprimerla e la determinazione ad impegnarsi per cambiare le cose.

Ulivi, nato a Parma il 29 ottobre 1925, allievo del Maria Luigia, lascia numerose lettere, che spiegano con chiarezza “la tremenda miseria” morale e civile in cui è caduta l’Italia a causa del regime fascista e delle sue decisioni.

In una lettera del 28 agosto 1944 alla madre (che per prudenza chiama sempre con lo pseudonimo “signor Filippo”), scrive :

È una crisi morale. È lo svolgersi di una malattia che in una sua fase si è chiamata fascismo, una malattia che lede il tessuto spirituale ed ideale del nostro Paese. […] Non si guarisce d’un tratto: se fosse così vorrebbe dire che la malattia è apparente e in sostanza si è sani […] invece, bisogna riconoscerlo, il fascismo, come morbo morale era un’esigenza covante e profondamente sentita dalle nostre generazioni”.

In un’altra lettera del 27 agosto 1944 si legge:

Il sezionamento in comparti stagni, il congelamento della vita, determinata dal regime farsa bestiale di oggi, non permette di avvertire la tremenda miseria in cui siamo piombati. Ma quando il sangue comincerà a rifluire nelle vene, e i nervi usciranno dal torpore di un’oppressione ormai totale, tumori, amputazioni, laceramenti periferici e interni cominceranno a farsi sentire nel povero corpo di questo Paese”.

In una lettera “agli amici” composta dopo l’arresto del 30 ottobre 1944:

Dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo dei nostri mali. […] Nel desiderio invincibile di “quiete”, anche se laboriosa è il segno dell’errore. Perché in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. È il tremendo, il più terribile, credetemi, risultato di un’opera di diseducazione ventennale, di diseducazione”.

Negli anni ’70, Parma ha dedicato a Ulivi un liceo, evidentemente nell’auspicio che ogni nuova generazione possa crescere capace di vedere gli errori del suo tempo ed opporvisi come ha fatto Giacomo. “Come vorremmo vivere, domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere”.

Il busto dedicato a Giacomo Ulivi nell'atrio del liceo che porta il suo nome
Il busto dedicato a Giacomo Ulivi nell’atrio del liceo che porta il suo nome
Giacomo Ulivi
Giacomo Ulivi

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