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9.1.1940. Un custode delle tradizioni più care

9 gennaio 1940 – Muore il pittore Paolo Baratta. A lui Parma deve il casinetto Petitot di fronte allo stadio, le torri dei Paolotti in via D’Azeglio, l’oratorio di San Quirino e la balaustra barocca con le statue accanto ai tetti della chiesa della Steccata.

No, Baratta non è l’autore di queste quattro emergenze architettoniche così diverse e così distanti nel tempo. Piuttosto ne è il conservatore. Senza di lui, i picconatori del Ventennio avrebbero demolito tutto.

Baratta è stato definito “custode gelosissimo delle nostre tradizioni più care” (Guido Battelli, nella commemorazione funebre all’artista). Per tutta la vita, ha accompagnato la creazione di quadri e la carriera di insegnante di pittura, con battaglie in difesa del patrimonio storico e artistico di Parma.

Dal 1904 è professore all’Accademia di belle arti, che poi presiederà. Milita in campo socialista diventando consigliere comunale e poi assessore negli anni Dieci. Le battaglie decisive sono però successive all’avvento del fascismo, quando diventa il grillo parlante dei beni culturali a Parma, una coscienza artistica non sempre ascoltata.

Negli anni Trenta, sull’onda retorica del rinnovamento fascista, tanti luoghi antichi sono stati attaccati. Si vuole cambiare per il gusto di cambiare. Gusto che Baratta non ha mai condiviso.

Per tante battaglie vinte, però, ce ne sono state parecchie perdute.

La Steccata non è stata modificata. Le torri dei Paolotti sono rimaste al loro posto. Il casino Petitot è stato restaurato. Per completare il lungoparma non è stato necessario demolire San Quirino e Baratta ottiene pure che le statue della quattro virtù cardinali che sono all’interno siano rimesse al loro posto, dopo che già erano andate in “prestito” al proprietario di un bella villa.

Invece, non riesce ad impedire la demolizione del colonnato ottocentesco di Piazza Ghiaia, progetto del Bettoli fatto realizzare da Maria Luigia a proprie spese. In sua difesa, nel 1928 Baratta riesce a coinvolgere anche il vecchio Gabriele D’Annunzio. Ma il podestà Mantovani non ascolta e rinfaccia anzi che ad approvare per primo la demolizione era stato il sindaco Mariotti al tempo in cui anche Baratta faceva parte della giunta municipale.

Non riesce a salvare neppure il Campo di Marte, area attrezzata per lo sport a nord del centro storico, accanto al torrente Parma, che nel Ventennio diventa terreno edificabile (vi sarà costruito il seminario minore).

Nel 1936 Baratta si oppone allo strappo dell’affresco dell’Incoronata del Correggio dal muro su cui era stato dipinto, già rovinato da diversi spostamenti del muro stesso, segato a fine Cinquecento. Nonostante le critiche di Baratta (messo sotto inchiesta) lo strappo viene fatto e per il dipinto è il colpo di grazia, perdendo le velature ad affetto trasparenza che ha raccontato chi lo vide prima della disgraziata operazione.

Non si pensi che Baratta sia uomo chiuso al cambiamento. Per lungo tengo tempo, ad esempio, ha sostenuto un progetto per chiudere la pescheria vecchia (piazzale Battisti) con un tetto di cristalli e erigere un arco d’ingresso, per dare a Parma una galleria come la Vittorio Emanuele di Milano.

Gli artisti hanno spesso visioni grandi. E non c’è nulla di più grande del tempo, che si esprime nelle vestigia della storia, quelle conservate e quelle solo ricordate.

Paolo Baratta
Paolo Baratta (paolobaratta.it)

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