
8.2.1950. Giovanni affogato in un barile
8 febbraio 1950 – Il corpo di un uomo viene ritrovato senza vita galleggiante sul Taro. È l’epilogo di un tentativo di attraversare il fiume in modo avventuroso.
Il signor Giovanni Orioli voleva passare da sponda a sponda, ma dove sta lui di ponti non ce ne sono. Il signor Giovanni vive a Solignano e il ponte che varca il Taro, lì a Solignano, sarà costruito solo nel 1959. Di solito si passa a guado, ma in questo febbraio 1950 c’è molta acqua. Allora, lui che è intraprendente, si inventa un sistema originale, anche se rischioso.
Chissà se lo aveva fatto altre volte, il signor Orioli, nel corso dei suoi 53 anni di vita, di infilarsi dentro un barile, galleggiare nel fiume e spingendo con le braccia arrivare da una riva all’altra. Di fatto, nel barile ci entra il 7 febbraio.
Si fosse ricordato del prode Attilio Regolo, forse non avrebbe azzardato.
La corrente lo trascina subito con forza verso valle, ma questo lui se lo aspettava. Con pazienza e forza prova in tutti i modi a governare la sua improbabile imbarcazione, ma con scarsi risultati. In pochi minuti, l’acqua lo porta avanti di un chilometro in mezzo, e in mezzo all’alveo.
Poi, un sasso sul fondo fa rovesciare il barile. Il signor Giovanni sa nuotare, non perde il controllo, ma invece che dirigersi verso la sponda, preferisce rientrare nella sua botte: fatale errore, perché nell’urto il barile a perso il fondo e quando lui vi si infila di testa, si ritrova immerso nell’acqua, incastrato. Un modo ben raro di morire affogato.

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Succede il 8 di febbraio:

