7.8.952. Quando i preti persero moglie
7 agosto 952 – Assieme ad altri 24 episcopi, il vescovo di Parma Adeodato stabilisce che i preti non possano più aver moglie.
Ad Augusta, in Baviera, è stato convocato un concilio per affermare il celibato obbligatorio dei presbiteri. Oggi pare ovvio che un prete non si sposi, ma nel primo millennio della storia cristiana le cose sono diverse. Più volte, anche del Basso Medioevo, è stato affermato che il sacramento dell’ordine richiedeva l’astensione dai rapporti coniugali, ma mica tutti rispettavano questa indicazione, e comunque era sempre possibile avere moglie, ma senza dormire con lei.
Il vescovo di Parma Adeodato, ad Augusta, è uno dei primi a chiedere di cambiare le cose. Sottoscrive i canoni che vietano a suddiaconi, diaconi, presbiteri e vescovi tanto le nozze, quanto le convivenze. La stessa risoluzione sarà ripetuta più volte nel corso dei secoli successivi – perché evidentemente nel clero molti continuavano a non rispettarla –, finché il concilio Lateranense II nel 1139 dichiarerà non validi i matrimoni con i presti e il concilio di Trento nel lontanissimo 1563 riprenderà ancora la questione con la forza necessaria ad imporre il celibato, che sarà di nuovo messo in dubbio solo nel XXI secolo.
Possiamo però supporre che a Parma, già nel X secolo, almeno quando il vescovo è quello del concilio di Augusta, ai presbiteri sia imposta una severa disciplina sessuale; Adeodato è vescovo circa dal 945 al 953.
Quali sono i motivi del celibato ecclesiastico? Alla base ci sono ragioni di ordine morale ispirate ad affermazioni bibliche, ma anche esigenze pratiche e di diritto. Succedeva che i benefici ecclesiastici concessi ad un chierico, passassero di padre in figlio come un’investitura feudale. Il celibato spezza questo meccanismo. A Parma, da pochi decenni ci sono importanti beni fondiari e relative rendite assegnati non più a singole persone, ma alla Chiesa locale nel suo insieme: nell’877, il vescovo Guibodo ha fondato il Collegio dei canonici della Cattedrale, che riceve ampie terre per sostenerne i componenti. Negli anni successivi altri beni si aggiungono, anche al tempo di Adeodato, ottenuti in virtù della sua fedeltà a re Berengario II. Vietare ai preti di metter su famiglia è un ulteriore passo verso una gestione collettiva dei beni ecclesiastici.