Cultura & Società,  Epoca Moderna

7.7.1762. Goldoni a Colorno

7 luglio 1762 – Carlo Goldoni saluta Parma per l’ultima volta. Il giorno prima, a Colorno, si è accomiatato dal duca Filippo di Borbone, del quale è stato ufficialmente il poeta di corte fin dall’autunno 1756. La prima volta che è venuto in città era il lontano 1734. Fra Parma e il famoso commediografo veneto, insomma, c’è stata una storia lunga e proficua.

Goldoni è in partenza per Parigi. Non tornerà mai più. A Colorno ha stretto la mano al primogenito di Filippo, il futuro duca Ferdinando: “Mi fece l’onore di parlarmi e mi felicitò sul mio viaggio in Francia: Siete ben fortunato, mi disse, voi vedrete mio nonno il Re”, gli dice Ferdinando.

Goldoni lascia in dono la nuova edizione della raccolta delle sue commedie, dedicata proprio a don Filippo. A Parma, ha scritto e ha trovato l’ispirazione per alcune di quelle commedie.

È lo stesso scrittore ad aver lasciato numerose testimonianze del sue legame con Parma, scrivendone nella propria biografia e nelle introduzioni di alcune opere.

La prima volta a Parma è il 28 giugno 1733. Un incontro letteralmente di fuoco: è la vigilia della sanguinosa Battaglia di San Pietro. Goldoni viaggia al seguito dell’ambasciatore di Venezia a Milano. Prendono alloggio all’albergo del Gallo e “La mattina uno spaventoso strepito mi sveglia”: sono i tumulti causati dall’avvicinarsi di 40.000 austriaci che cercano inutilmente di sfondare le mura.

Questa esperienza, diversi anni dopo, sarà l’ispirazione per la commedia La guerra, del 1760.

A Parma, Goldoni torna nel marzo 1756, chiamato per allestire qualche spettacolo. Il duca Filippo lo incarica di scrivere tre drammi buffi. Il soggiorno, fra la città e Colorno, stavolta dura molto di più, circa otto mesi. Goldoni partecipa attivamente alla vita di corte e lavora alacremente, scrivendo e cercando idee.

Al Teatro Farnese vede per la prima volta la commedia alla francese, proposta dalla compagnia di comici e ballerini di Jean Philippe Delisle: “ero incantato del loro modo di recitare” e “dal silenzio che regnava in Teatro”. Quando lo scrittore vede due attori sul palco, un uomo e una donna, che si abbracciano (“atto eseguito al naturale, permesso ai francesi, negato agl’italiani”), prende ad applaudire e a gridare “Bravo, bravo!”, attirando involontariamente l’attenzione di tutti. La scoperta del teatro alla francese influisce pesantemente su tutta la produzione successiva di Goldoni.

In quel 1756, a Parma e a Colorno, distratto dalle feste e dall’afa (“fra il caldo e il sudore”), scrive La buona figliola, Il festino, I viaggiatori ridicoli e L’amante di sé medesimo, quest’ultima completata in soli otto giorni.

I primi tre titoli solo inscenati per il duca Filippo e la musica della Buona figliola è di Egidio Duni, conosciuto a Colorno. “Quest’uomo aveva molto spirito e molta letteratura, era andato soggetto ai vapori dell’ipocondria. Facevamo lunghe passeggiate insieme, e le nostre conversazioni quasi sempre cadevano sui nostri mali reali, e sugli immaginari”. Un’amicizia che ispira la commedia Il medico olandese (1756), con protagonista un malato immaginario.

Parma, a metà Settecento, è una corte francese. A palazzo si parla francese, e si leggono giornali fatti venire dalla Francia, come il Mercurio di Francia. Leggendo questa rivista, Goldoni trova spunto per un’altra recita ancora, La vedova spiritosa (1757), che riprende la novella Lo scrupolo di Jean Francois Marmontel.

Sempre a Parma, Goldoni assiste ad una commedia che utilizzerà come modello della sua Il padre per amore (1757): “Mi trovava in Parma, al servizio di quella Real Corte, quando da una buona Compagnia di Commedianti Francesi colà ho veduto rappresentare Cènie, Commedia di Madame de Graffigny; mi piacque assai di quest’opera l’argomento, il patetico, l’interesse, ed ho pensato di trasportarla sul mio Teatro. Ho preso lo scheletro, l’ho vestito all’Italiana, l’ho animato a mio genio, l’ho diretto altrimenti, e mi è riuscito una Commedia che ha fatto piacere al pubblico, ed ha procurato a me dell’onore”.

Nel soggiorno parmigiano, lo scrittore fa amicizia in particolare con Guillaume du Tillot, che ancora non è ministro: “Questo bravo e degno Francese, pieno di vivacità, di ingegno e probità, mi accolse benignamente, mi diede un bellissimo appartamento, mi assegnò un posto alla sua tavola”. Resteranno in contatto anche quando Goldoni si sarà trasferito a Parigi.

E fa amicizia pure con il poeta abate Carlo Innocenzo Frugoni. Goldoni gli dedica Il cavalier Giocondo (già scritto nel 1755) e in cambio riceve in regalo alcuni autografi di Frugoni, all’epoca molto ricercati. Ma questo rapporto si incrina a causa di una donna: l’abate “nuovo Petrarca aveva la sua Laura a Venezia. Egli cantava di lontano le grazie e l’ingegno della vezzosa Aurisbe Tarsense, Pastorella Arcade; io [Goldoni] la vedeva tutti i dì. Frugoni era geloso di me”, tanto che per tre anni il poeta non risponde più alle lettere del commediografo.

I giorni a Parma trascorrono veloci. Tanti reclamano Goldoni. Nell’estate 1756. mentre lavora a Parma, a Venezia ci si chiede che fine abbia fatto: “si sono inventate di me tante favole, e che ero morto, e che ero decapitato, e che ero andato in Francia, in Spagna, nell’Indie, e che so io quante diavolerie si sono dette di me?”. Così, a inizio ottobre riparte.

Fui largamente ricompensato del mio tempo e delle mie fatiche, e mi partii di Parma con la patente di Poeta all’attual servigio [del duca di Parma] con un’annua pensione” di 3.000 lire.

Negli anni successivi, Carlo Goldoni resta sempre in contatto con la città ducale e si preoccupa di chiedere il permesso ogni volta che si sposta in una corte diversa, a Roma alla fine del 1758 e a Parigi nel 1762. Nel 1759 vorrebbe andare a Napoli, ma proprio le cattive relazioni che in quel momento intercorrono fra questa città e Parma lo fanno desistere.

Torna per l’ultima volta in questa estate 1762, quando ha già i permessi per raggiungere Parigi. Una visita densa di vita mondana: “in dieci giorni ch’io mi ritrovo a Parma un giorno solo ho potuto diner chez moi [mangiare per conto mio]”. Assiste a quattro rappresentazioni a teatro. Poi saluta tutti e via verso Genova, Nizza e poi su fino a Parigi, portando con sé molti bei ricordi.

Carlo Goldoni, ritratto dipinto da Alessandro Longhi, fine XVIII secolo, Casa di Carlo Goldoni, Venezia
Carlo Goldoni, ritratto dipinto da Alessandro Longhi, fine XVIII secolo, Casa di Carlo Goldoni, Venezia

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