6.4.1781. Vogliono buttar via le colonne romane del Duomo!
6 aprile 1781 – La Fabbriceria della cattedrale di Parma approva un progetto per disfarsi della parte più antica del Duomo. In ossequio al classicismo del Settecento, un pool di architetti ha proposto di rimuovere tutte le colonne della cripta, che risalgono alla Parma romana, per metterne di nuove, tutte uguali, più regolari.
Della Parma romana, pochissimo è visibile. C’è il ponte nel sottopasso al principio di via Mazzini, che in realtà Tardoantico e molto rimaneggiato per tutto il Medioevo. Ci sono vari reperti esposti al Museo archeologico della Pilotta, ma i più belli vengono da Velleia. E poi c’è la cripta della cattedrale, retta da una selva di 36 colonne per buona parte recuperate da edifici – questi sì – della città romana.
Colonne di granito, di basalto, di marmo botticino o cipollino, di trachite, che per essere tutte ugualmente alte, sono state tagliate e ricongiunte, tanto che diverse di loro sono composte da due blocchi differenti.
Come siano arrivate lì nessuno lo sa. Non ci sono notizie sulla fondazione del Duomo di Parma, che di certo è stato più volte ricostruito, dopo un incendio del 920, un altro nel 1037, un altro ancora nel 1058. Molto probabilmente, prima che nella cripta, questi elementi antichi hanno occupato altri spazi in questa o in altre chiese, superando così vicende e gusti nei secoli.
Nel Settecento, il Duomo ha subito pesanti rimaneggiamenti, col rialzo del tetto e il rifacimento di diverse parti che mostrano rischi di crollo. La cripta è sana, ma intanto che si mette mano a tutto, perché non rimodernare anche questa?
Il progetto del 1781 prevede di demolire tutto, per rifare la volta su cui poggia il presbiterio. Il principale promotore di tale disegno è l’architetto Angelo Rasori, coadiuvato da diversi suoi colleghi. I lavori iniziano prima dell’estate, ma non sono completati. Pare che il cantiere faccia a tempo a sostituire otto colonne antiche con altre di recente fabbricazione. Alcune di queste sono facilmente riconoscibili, come i pilastrini della cappella di sinistra, opera del marmorino Francesco Albertolli. Ma la maggior parte delle colonne resta al suo posto: vengono solo intonacate, per farle tutte uguali (lo resteranno fino al 1834).
Forse, ad impedire lo scempio dei materiali romani è l’elevato costo dell’operazione, che in questo 6 aprile è preventivato in 27.500 lire. Oppure è lo spirito dei tempi che sta cambiando: l’Ottocento è vicino e con lui il classicismo va in crisi. Meno male, altrimenti addio marmi della Parma dei Romani.