6.12.1981. Lo sciopero della fame dei detenuti
6 dicembre 1981 – Finalmente c’è la soluzione per chiudere lo sciopero della fame dei detenuti. È dal 23 settembre che Giovanni Valentino, Roberto Pironi e Ciro Paparo rifiutano il cibo. I primi due sono a Parma, prima nel penitenziario di San Francesco, e ora all’Ospedale, vigilati più da medici e infermiere che dai secondini. Così mal ridotti e deboli come sono, la fuga non la potrebbero mai tentare.
I tre sono stati arrestati oltre un anno fa: carcere preventivo, in attesa di fissare le date dei processi. Sono accusati di far parte di bande terroristiche, ma loro negano.
Lo sciopero della fame è iniziato a Milano dopo che una notte, nel reparto di San Vittore dove stavano chiusi, la penitenziaria è entrata con i manganelli e giù botte a tutti quelli che si ritiene legati a bande anarchiche.
I primi giorni, di quei tre che non mangiano più non se ne accorge nessuno. Ma i giorni diventano settimane, poi decadi e mesi di digiuno, e allora scoppia il caso, che interessa l’Italia intera e che non riguarda più solo i diretti interessati, ma l’intera organizzazione della cosiddetta “giustizia” nel Paese.
Valentino e Pironi sono stati trasferiti a Parma a metà novembre. Qui il penitenziario è attrezzato anche per carcerati ammalati. Ma presto non basta più e il 20 novembre i due sono in ospedale.
Le loro rivendicazioni sono chiare: vogliono una data certa per i processi e uscire di cella almeno finché non saranno condannati.
A un certo punto, il sindaco Lauro Grossi firma assieme al collega di Milano Carlo Tognoli un’accorata lettera per convincere il ministro della Giustizia Clelio Darida a scarcerare i detenuti che la malnutrizione ha ridotto a pelle e ossa. E si scatena la polemica, perché il presidente del Tribunale di Milano risponde che a Parma non si vuole rispettare la legge. E Grossi, offesissimo, si rivolge al presidente della Repubblica Pertini. La questione è più volte dibattuta in parlamento. Intanto, i diversi magistrati legati al caso si dividono fra chi vorrebbe venire incontro ai tre, e gli intransigenti che non ammettono compromessi. Darida vorrebbe farli mangiare a forza – avanza fin una proposta di legge sull’alimentazione forzata –, ma diversi politici sostengono che almeno la libertà di digiunare debba essere rispettata. Ci si mette anche un gruppo di brigatisti rossi reclusi, che con pesanti minacce accusano quelli dello sciopero della fame di mirare solo a benefici personali a detrazione della causa comune.
Insomma, un gran numero di voci che non apportano nulla, e intanto quei detenuti mai condannati sono più di 70 giorni che non toccano cibo. Le notizie di malori si fanno sempre più frequenti e i medici avvertono che presto potrebbe accadere l’irreparabile.
Fino a questo 6 dicembre, quando il ministro Darida, per vie informali, si dice disponibile alla scarcerazione, purché Valentino, Pironi e Paparo siano impiegati in lavori sorvegliati. Mario Tommasini, assessore al Sociale a Parma, dichiara la propria disponibilità a prenderli immediatamente tutti e tre come segretari, se non saltasse fuori altro.
Non occorre: nel giro di pochi giorni, le offerte di impiego sono già formalizzate. Lo sciopero della fame finisce un poco alla volta. Prima con qualche flebo e tazza di latte per neonati. Poi pian piano con pasti normali.
Il 31 dicembre, Valentino e Pironi hanno recuperato sufficienti forze per lasciare l’ospedale e rientrare in San Francesco. L’effettiva scarcerazione arriverà qualche settimana dopo: Giovanni Valentino dal 22 febbraio sarà assunto in una cooperativa che assiste disabili, frequentandola in regime di semilibertà; Roberto Pironi, trasferito a Rho, sarà anche lui in semilibertà da inizio marzo.