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6.1.1897. Il progenitore dei ghostwriter

6 gennaio 1897 – Muore povero in canna Agostino Romani, un ghostwriter dell’epoca in cui si scrive con penna d’oca e calamaio. Qualsiasi forma di scrittura si possa immaginare, lui l’ha sperimentata. Romani è poeta, è giornalista, è scrittore satirico, è critico d’arte, è epigrafista e per sbarcare il lunario compila lettere e necrologi per conto dei tanti analfabeti del tempo.

Romani ha un’eccezionale facilità di scrittura ed è pure originale nella scelta dei temi. Fra i suoi versi – quasi tutti perduti – si fanno notare un sonetto dedicato al telegrafo ed una canzone per i piccioni viaggiatori che tanto hanno contribuito alla battaglia dell’assedio di Parigi del 1870.

Ma è anche pigro, schivo, neghittoso (“Se non volete che vi si sviluppi il cimurro o peggio, lasciatemi la gloria di vivere oscuro!”, ha scritto). Tanto che il suo talento lo spreca ed è sempre in bolletta.

Ai tempi del Ducato avvia una carriera da funzionario pubblico, ma poi arrivata l’Italia e perde il posto: “Io lilliputto della burocrazia, reietto dalla mangiatoia del Bilancio”, si definisce.

Così, per pagarsi vino e minestra, si presta ad ogni incarico, utilizzando la sua infinita “tavolozza delle similitudini e delle antitesi”, come diceva. Il proprietario del Caffè della Borsa, su strada Vittorio Emanuele (strada Repubblica), gli permette di occupare il tavolino che sta in un mezzanino, e diventa il suo studio. Qui, quasi ogni giorno c’è chi porta le sue pene e le sue passioni per farsele mettere sulla carta. Romani scrive in conto terzi lettere d’amore, elogi funebri, suppliche, petizioni, facezie erotiche e pure slogan commerciali; sono sue, ad esempio, le frasi con cui viene costruita la fama di Salsomaggiore, “tesoro terapeutico delle acque salino-iodate”, incise sul monumento ai fondatori dei Bagni in piazza Zancarini. Romani è uno degli ultimi scrivani pubblici, prima dell’alfabetizzazione di massa (nel 1871, a Parma non sa leggere né scrivere il 46,5% della popolazione).

Lavorando per due diverse distillerie della città, Romani avvia un’accesa polemica sui giornali, nella quale scrive gli annunci promozionali dell’una e dell’altra, dandosi contro e rispondendosi da solo, senza che nessuno dei due clienti se ne accorga mai!

La penna di Romani, all’occasione si fa tagliente.

Troppa misera ricompensa per tante colossali menzogne – disse una volta ad un Tizio che gli aveva offerto due lire per la necrologia del fratello, magnificato come un grande uomo, mentre non era stato in vita sua che una talpa”, ricorda il coevo giornalista Aldo Emanuelli.

E per un amico, figlio di un’anziana avara madre, che da tanto sogna di ereditare le fortune di famiglia, fa girare la battuta: “Sapevo che c’era un Padre Eterno; ma non immaginavo che potesse esservi anche una madre eterna!”.

Lo scrivano pubblico, litografia del 1862 ca., Galleria Nazionale delle Marche di Urbino

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