Medioevo,  Politica

6.1.1311. La corona di Federico II regalata al nuovo (ingrato) imperatore

6 gennaio 1311 – Grande cerimonia a Milano, per l’incoronazione a re d’Italia di Enrico VII di Lussemburgo. Nella basilica di Sant’Ambrogio, fra i numerosi partecipanti, c’è anche Giberto da Correggio, signore di Parma.

Per l’occasione, il plenipotenziario parmigiano ha portato un dono d’eccezione, niente meno che la corona che era stata dell’imperatore Federico II. La corona faceva parte del bottino di Vittoria, l’accampamento di Federico eretto per assediare Parma, distrutto dai parmigiani nel 1248.

Come racconta Salimbene de Adam, che l’ha tenuta in mano, quella corona “era di grande peso e valore, tutta d’oro e tempestata di pietre preziose, con molte figure in rilievo lavorate, che sembravano cesellature. Era grande come un’olla”.

Per 63 anni, la corona è rimasta nella sagrestia della Cattedrale di Parma, neanche fosse una reliquia. Ora, con Giberto, torna nelle mani dell’imperatore. Enrico VII, infatti, è già d’accordo con papa Clemente V per diventare il successore di Federico II, dopo oltre mezzo secolo di vacanza della carica imperiale. La cerimonia si farà a Roma, in Laterano, il 29 giugno 1312.

E dire che all’epoca della vittoria su Federico, il podestà di Parma era proprio il nonno di Giberto, Gherardo da Correggio, detto de’ Denti per la dentatura prognata.

Restituendo la corona, dunque, in qualche modo Giberto cancella sia la gloriosa epopea delle città italiane capaci di opporsi al potere imperiale, sia i meriti della propria famiglia. Ma è un ghibellino e le sue ambizioni politiche lo spingono al significativo gesto. Vuole conquistare l’attenzione di Enrico VII per farsi confermare la signoria su Parma.

Oltre alla corona, Giberto regala a Enrico anche Guastalla, che era stata conquistata giusto un mese prima da un suo uomo, Giovanni de Griffi.

La risposta del nuovo re d’Italia, però, è inferiore alle attese. Il re, infatti, nomina Giberto vicario di Reggio Emilia e della stessa Guastalla. Ma Parma la dà ad un tal Guido Cocconato.

Giberto nasconde la grande delusione ma non accetta la decisione. È ancora con il re e già trama per tradirlo. Mentre lo segue a Cremona, conquistata il 26 aprile, e a Brescia, dove a metà maggio inizia l’assedio, il nostro segretamente si accorda con Firenze e Bologna per passare nel campo guelfo e aizza i suoi a Parma per riprendersi la città. Ci riesce in poco: Cocconato deve fuggire da Parma il 6 aprile e Giberto vi fa ritorno il 28 giugno, ancora da signore. Probabilmente pentito di aver dato via con tanta leggerezza una corona simbolo di tanta gloria.

Federico II, De arte venandi cum avibus, 1245 ca., Biblioteca Vaticana, Pal. lat 1071, fol. 1
Federico II, De arte venandi cum avibus, 1245 ca., Biblioteca Vaticana, Pal. lat 1071, fol. 1

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