Ambiente,  Età contemporanea

5.3.1982. Allarme, stiamo uccidendo il Po!

5 marzo 1982 – L’ingegner Lino Cati, direttore dell’Ufficio idrografico del Po, presenta la sua ultima pubblicazione, un volume di 310 pagine zeppe di numeri, grafici e tabelle che servono a dimostrare una cosa sola: il maggior corso d’acqua d’Italia è gravemente malato.

L’Ufficio idrografico, che ha sede a Parma, dal 1912 sorveglia il Grande Fiume. I suoi archivi registrano le molte trasformazioni subite nel corso del secolo. Fra scarichi di liquidi inquinati e di rifiuti, scavo della ghiaia dal greto e canali che vi attingono per irrigare, il Po è stato ridotto a un moribondo. Cati, che a questa antichissima via d’acqua vuole molto bene, lo denuncia senza mezze parole.

Il problema acqua oggi è di primaria importanza e lo sarà ancora di più domani: carenza, inquinamento, utilizzazioni, magre, piene“. La malattia del Po è “l’urbanesimo“: l’abbandono delle tradizionali attività di cura per una nuova cultura industriale di sfruttamento e scarto.

I prelievi d’acqua per usi antropici, nel 1981 ha raggiunto i 180/280 metri cubi al secondo, cioè si tolgono al fiume 6-9 miliardi di metri cubi in un anno.

Ufficialmente, l’asportazione di sabbia e ghiaia ha raggiunto i 6,8 milioni di metri cubi in un anno, ma vi sono ragioni per credere che sia ben di più. Il continuo sfruttamento dei fondali ha portato al loro abbassamento, in 20 anni in certi punti di un metro, in altri di uno e mezzo, in qualche caso anche due.

Simili livelli di sfruttamento, dimostra o studio, non sono sostenibili: proseguire con simili ritmi sarà un danno tanto per l’ambiente, quando per l’economia legata al Po.

Ma Lino Cati pare un profeta che parla nel deserto: non viene ascoltato. Negli anni successivi, le sottrazione d’acqua e di ghiaia diventeranno ancora maggiori e la malattia del Po si aggraverà.

Prelievo di sabbia dal fondo del fiume Po
Prelievo di sabbia dal fondo del fiume Po

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Succede il 5 di marzo:

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