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5.3.1644. Cade la testa dell’Aretino parmense

5 marzo 1644 – Ad Avignone viene decapitato Ferrante Pallavicino, il più polemico e provocatore parmigiano del XVII secolo.

Figlio di Giangirolamo marchese di Scipione e di Chiara Cavalca, diviene presbitero e si dà alla letteratura, con qualche testo di molta retorica e poca originalità. Ma una volta trasferitosi a Venezia, dedica le fatiche della penna alla composizione di testi sempre più osé. Una sorta di Pietro Aretino in minore. Pubblica circa venti libri in pochi anni ed il primo a dargli problemi è La pudicizia schernita, uscito nel 1639, quando Ferrante ha 24 anni; l’opera, una satira della Compagnia di Gesù, è messa all’indice per le sue offese al buon costume. Il successivo Corriero svaligiato, che prende per il naso le corti di Spagna e di Roma, lo deve stampare clandestinamente, finendo poi agli arresti per qualche mese.

Liberato, si fa sempre più ardito e commette l’errore di mescolare le sue pagine libertine e le generiche critiche al nepotismo e alla corruzione, con una questione politica molto attuale. Nel 1642 dà alle stampe la Baccinata, dove difende le ragioni del duca di Parma in una contesa con Urbano VIII per il possesso del Ducato di Castro, un libro che fa arrabbiare molto il papa.

Non sentendosi più al sicuro, Ferrante rientra a Parma. Qui riceve la visita di un francese latore di lettere con la firma del cardinal Richelieu, che lo invita a Parigi, dove gli saranno affidati importanti incarichi. Ma come in un romanzo di Dumas, è tutta una trappola. Il francese è una spia del nunzio apostolico a Venezia, con l’obiettivo di portare il Pallavicino ad Avignone, territorio del papa, per poterlo arrestare. Ferrante parte a cavallo convinto che i suoi scritti abbiano ottenuto lo sperato successo, passando in Svizzera e poi in Francia: cammina verso la bocca del lupo. Il 12 gennaio 1643, appena entrato in territorio avignonese, è arrestato, poi processato e condannato a morte. La sentenza è eseguita 18 giorni prima del suo 29° compleanno.

Lungo il viaggio, il polemista parmigiano aveva fatto in tempo a inviare il suo ultimo lavoro, Divorzio celeste, che in toni ormai vicini al calvinismo, accusa la Chiesa di non seguire più il Vangelo, con molti riferimenti a casi concreti contemporanei. Con questo libro, nei Paesi protestanti si creerà il mito dello scrittore di invettive capace di dare scacco al papa, mentre in Italia Ferrante è subito dimenticato.

Una biografia a lui dedicata stampata nel 1654, attribuisce a Ferrante dodici opere “permesse” ed ben undici “prohibite“: “che tutte, o per la maggior parte, caderono incenerite sul palco, che stroncò col taglio della Manaia il breve, e avviluppato filo della incostante sua vita“.

Ferrante Palavicino
(stampa da Opere Permesse. Vita di Ferrante Pallavicino. 1, di Girolamo Brusoni, Venezia 1655)
Ferrante Palavicino
(stampa da Opere Permesse. Vita di Ferrante Pallavicino. 1, di Girolamo Brusoni, Venezia 1655)

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