5.12.1378. Il mestiere delle armi
5 dicembre 1378 – Nei pressi di Mantova, il celebre condottiero Alberico da Barbiano sottoscrive l’ingaggio proposto da Venezia: la sua Compagnia di San Giorgio combatterà per la Repubblica di San Marco. Fra i presenti è anche il parmense Ugolotto Biancardo, che gli storici ricordano “fra i restauratori della fama militare italiana”.
La famiglia – la mamma è una Lupi di Soragna – voleva che Ugolotto diventasse prete. Ma lui sceglie le armi. Così entra nella compagnia di Alberico, che, in questo finale del XIV secolo, si distingue fra gli altri eserciti attivi nello Stivale per accettare solo guerrieri italiani. Per Ugolotto è probabilmente la prima esperienza importante, la prima di molte.
Il mestiere delle armi è fatto di vittorie e sconfitte, di assedi e tradimenti, di scontri a campo aperto e di inganni del nemico, di assedi e di razzie, di cambi di bandiera e di soldi per le paghe da trovare prima che i soldati si ribellino. La vita militare di Ugolotto Biancardo, avviata questo 5 dicembre 1378, racconta tutto questo.
Ugolotto combatte per Venezia, per Milano, per lo Stato della Chiesa, per Padova e alla fine anche per sé stesso, per riprendersi il suo castello a Madregolo che i Rossi, facilitati dalla sua perenne lontananza da casa, riusciranno per breve tempo a sottrargli.
Combatte in Umbria, in Friuli, in Toscana, in Lombardia, in Veneto e a Bologna. Le prime campagne non danno grandi risultati, sconfitto a Orvieto nel 1380 e a Siena nel 1384. Ma quando torna in pianura Padana la sorte inizia a sorridergli e prima al soldo di Francesco da Carrara e poi, dal 1387, di Gian Galeazzo Visconti, conquista e fa razzia in villaggi e città.
In battaglia indossa sempre il cimiero che gli ha lasciato in eredità lo zio Bonifacio Lupo nel 1386.
È un guerriero furbo, Ugolotto. Forte e coraggioso, sì, ma abile a inventare inganni. Nel 1390, per sedare una rivolta a Verona, entra in città di notte, silenzioso, facendosi aprire una porta da un complice, e i suoi 1.700 uomini saccheggiano la città per tre giorni, uccidendo 1.500 persone. Nel 1397, poi, combattendo per i Visconti contro i Gonzaga, ordina ai suoi arcieri di tirare frecce avvelenate.
Fra le varie guerre che coprono l’intera vita, dal 1378 fino alla morte nel 1408 a Madregolo, incontra e si scontra anche con alcuni conterranei. Nel 1387 è in trincea gomito a gomito con Cermisone da Parma. L’anno dopo sconfigge Tommasino da Parma a Novaglia, ma quando si incontreranno ancora, nel 1403, Tommasino saprà resistere. Nel 1402 litiga con Ottobuono Terzi e finisce in rissa, con almeno 150 morti per parte, poi si riconciliano e nel 1406 Ugolotto Biancardo partecipa al battesimo del figlio di Ottobuono.
Uno così, oggi lo si chiama signore della guerra, un mercenario che con la forza tiene in scacco la politica e che non si fa scrupolo ad accanirsi sulla popolazione.
Si arricchisce con gli incarichi dei signori e saccheggiando città come Padova nel 1388 e campagne come quelle di Mantova nel 1397. Ma anche subisce tracolli finanziari, come quello del 1404, quando i suoi soldati gli si rivoltano contro per i ritardi nelle paghe.
Gli vengono assegnati incarichi di primo piano: nel 1390 e per diversi anni governa Verona, nel 1402 Pavia e lo stesso anno partecipa alla reggenza di Milano.
Fra Trecento e Quattrocento, una vita così è ammirata, ma nulla di quel che ha fatto è servito a costruire qualcosa di duraturo, se non una romantica avventurosa lontana storia.