5.1.1937. La pallottola alla schiena di Picelli
5 gennaio 1937 – Il comandante della I compagnia del battaglione Garibaldi esce dalle fortificazioni dello sperone San Cristobal a Siguenza per ispezionare l’area. Una pallottola lo coglie alla schiena e muore abbandonato sul terreno. Quel comandante è Guido Picelli, l’eroe delle barricate di Parma, l’unico uomo di cui Benito Mussolini aveva paura. Purtroppo per lui, anche fra le fila dei suoi, i comunisti, c’è chi lo teme, abbastanza da decidere di ucciderlo a tradimento.
Picelli è nato a Parma 47 anni prima. Da giovane ha fatto l’orologiaio e l’attore. Da sempre profondamente coinvolto in politica, è stato neutralista alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, militarista al termine della stessa, socialista fino al 1924, poi comunista. Eletto due volte alla Camera, è deputato aventinista, poi confinato cinque anni a Lampedusa e Lipari, esiliato in Francia e quindi in Unione Sovietica.
In tutte queste esperienze, l’evento davvero memorabile è la battaglia per la difesa di Parma dietro alle Barricate nell’agosto del 1922. La milizia degli Arditi del popolo, da lui fondata, resiste alle camice nere venute a decine di migliaia per devastare i luoghi simbolo della sinistra. Per tutta la vita, Picelli racconterà quei gloriosi giorni in Oltretorrente, una medaglia splendente al petto, prova delle sue capacità tattico militari così come della fermezza del suo antifascismo.
Ma per il carattere e per l’autonomia di pensiero, Picelli ha più nemici che amici. Ha una propria visione delle cose e nessuna disponibilità al compromesso. Così, ovunque vada, dopo un po’ si rende antipatico a qualcuno.
Succede anche nella Russia di Stalin, dove entra come acclamato eroe, incaricato di insegnare Strategia militare, per essere poi declassato ad operaio in una fabbrica di cuscinetti a sfera a Mosca. Nel mezzo, ha avuto la pessima idea di criticare lo stalinismo, le purghe e frequentare i trotzkisti. Propone un progetto comunista alternativo a quello sovietico, privo di nazionalismo russo: un fronte armato internazionalista.
Con difficoltà, Picelli riesce a ripartire ancora una volta, per raggiungere la Spagna. Qui i repubblicani combattono contro i militari del colpo di Stato di Francisco Franco. Picelli vorrebbe andare già allo scoppio del conflitto civile, in luglio, ma gli dicono di no. Poi, improvvisamente, in autunno arriva il via libera. In Spagna resta pochissimo tempo: arriva nel novembre 1936 ed è ucciso all’inizio del 1937.
In questo tempo brevissimo, riesce comunque a farsi notare per la conquista del villaggio di Mirabueno, punto strategico sul fronte di Madrid. Chi lo ha mandato in prima linea, però, da lui non vuole vittorie, ma la sua morte. Picelli è troppo in vista per farlo sparire in un gulag come diversi altri esuli italiani in Russia. Meglio un incidente di guerra. Nei mesi seguenti, centinaia di comunisti antistalinisti e anarchici sono assassinati dagli stalinisti.
La versione ufficiale è che Picelli si sia esposto al fuoco nemico e sia stato colto da una sventagliata di mitragliatrice. A noi pare più credibile la pallottola amica.