
5.1.1902. Contributo parmigiano alla Teoria della relatività
5 gennaio 1902 – All’Accademia dei Lincei di Roma, il matematico Luigi Bianchi presenta il maggior contributo dato da Parma alla teoria della relatività di Einstein. Anche se Bianchi ancora non lo sa.
Luigi Bianchi è il più famoso matematico italiano del primo Novecento. Nasce a Parma nel 1856, per poi spostarsi a Pisa, dove resta per la vita. Influente accademico, ricco di famiglia, in tarda età senatore, autore di un gran numero di pubblicazioni, i suoi manuali formano due generazioni di matematici.
Gli studi di Bianchi spaziano in special modo nel campo della geometria. Non è un vero innovatore, piuttosto è un analista. Fedele tutta la vita alla teoria dei numeri del tedesco Carl Friedrich Gauss (l’Archimede dell’Epoca moderna), si applica per comprendere tutte le implicazioni in essa contenuta.
“Preferisco che con metodi vecchi si trovino risultati nuovi al ritrovamento di risultati vecchi con metodi nuovi”, ama ripetere ai suoi allievi.
Cosa c’entra Bianchi con Einstein? Quando il genio della fisica, nel 1915, spiega la relatività generale, che cambia la concezione del mondo, utilizza complessi metodi matematici e in certi passaggi deve appoggiarsi a congetture. La sua teoria si trova subito al centro del dibattito scientifico e uno studioso italiano, Tullio Levi-Civita, la ripropone semplificandone la dimostrazione e ponendo in luce l’evidenza di alcune di quelle congetture, ovvero dandole maggior solidità. Per farlo, Levi-Civita utilizza le dimostrazioni matematiche del nostro Bianchi.
In particolare, utili alla dimostrazione della teoria della relatività generale sono le cosiddette “identità di Bianchi”, che – detto in modo estremamente semplicistico – permettono di comprendere le relazioni fra misure di spazi curvi.
Bianchi ne ha scritto una prima volta nel 1897. Poi ne parla in questo 5 gennaio 1902: lo sviluppo di maggior peso. E tornerà a scriverne nel 1916. Presenta l’argomento in modo amplio anche nel primo volume del suo manuale “Lezioni di geometria differenziale”, che esce sempre nel 1902.
Ma perché Albert Einstein non utilizza lui stesso le formule di Bianchi? Perché nell’edizione tedesca del manuale, i capitoli sulle curve che interessano alla relatività non sono stampati! A inizio Novecento, la geometria non euclidea è ancora vista con sospetto, così l’editore preferisce non trattarla.
E Bianchi, lo capisce quale apporto ha dato alla scoperta scientifica più rivoluzionaria del XX secolo? Bianchi è un matematico puro. Non ha mai scritto una riga sulla matematica applicata. Allo stesso modo, si guarderà sempre dal dire la sua nel dibattito sulla relatività generale.
Nella ricerca i risultati migliori arrivano spesso così: non ponendosi obiettivi oppure sbagliando nel tentativo di coglierli.


