
4.2.1909. C’era una volta lo spazzacamino
4 febbraio 1908 – Alla parola “spazzacamino” associamo immediatamente quell’allegra brigata di uomini coperti di fuliggine che in Mary Poppins cantano tutti allegri e tutti insiem sui tetti guidati da Dick Van Dyke nei panni di Bert. Ben diversa deve essere la vita di molti spazzacamini veri, quelli che in questo inizio di Novecento vagano per i paesi offrendosi di pulire le cappe di case e casolari in cambio di pochi soldi: girovaghi sbandati e sfruttati.
Lo dimostra il caso di Egidio Calai, ragazzo di 12 anni, che nell’inverno 1908 viaggia per il nord Italia assieme al suo protettore Gerolamo Concini, arrestato vicino a Salsomaggiore il 4 febbraio.
Una famiglia di Salso ha assoldato i due per pulire il caminetto. Spetta al ragazzo arrampicarsi fino al camino, ma visto che sale piano, l’altro estrae un coltello e lo punzecchia alle gambe. Allo stupore dei suoi clienti, Concini spiega candidamente che è abituato a far così. I salsesi lo cacciano via e vanno a denunciarlo per maltrattamenti. Concini viene trovato dai gendarmi in aperta campagna, proprio mentre sta picchiando il suo garzone. Alla denuncia si aggiungono i molti racconti di Egidio, che nel girovagare ne ha subite di tutte i colori.
Sia Concini che Calai vengono dal Tirolo; il ragazzo è figlio di emigranti che lo hanno rimandato indietro dall’America.
Come ricorda in un suo testo il giornalista Aldo Emanuelli negli anni Trenta, rievocando le figure scomparse della sua gioventù, la gran parte degli spazzacamini che arrivano a Parma vengono dal Trentino:
“I piccoli spazzacamini si arrampicavano su per i camini scrostandoli dalla fuliggine ed a lavoro terminato mentre al padrone, che asportava in un sacco la fuliggine, oltre alla paga era abitudine versare un bicchiere di vino, al piccino davasi un pezzo di pane bianco. Per molti anni gli spazzacamini alloggiavano nell’osteria della Gatta in borgo Parente”.
Il burattinaio Italo Ferrari, classe 1877, racconta di essersi appassionato alle storie fantasiose da bambino, quando
“nelle lunghe veglie invernali, uno spazzacamino tirolese ricompensava la tepida ospitalità nelle stalle raccontando in un dialetto lombardo-veneto le fantastiche fiabe nordiche, che duravano tre o quattro sere”.
Don Ferruccio Botti, priore di Talignano, ancora negli anni Trenta riporta il dialogo con uno spazzacamino quarantenne, iniziato al mestiere quando ne aveva sei, “d’un nero bigio oleoso, con un sacco a tracolla, un cappello a forma di piatto e molti arnesi fra le mani”:
“È una miseria! Da dieci giorni che giro e non ho lavorato che tre volte. Una lira per volta, in dieci giorni tre lire. E trovarne, anche a questo prezzo infinitesimale. Faccio quasi venti chilometri al giorno e tante volte non trovo una sola casa che richieda il mio lavoro”.
Finito di parlare, si arrampica per la cappa dal caminetto fino al comignolo con una cazzuola in mano.

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Succede il 4 di febbraio:

