30.7.101 a.C. Parmigiani giudici fra Silla e Mario
30 luglio 101 a.C. – L’esercito di Roma sconfigge il popolo dei Cimbri in una battaglia campale vicino a Mantova o forse a Vercelli, in località Campi Raudii. Al comando delle legioni sono due generali: Gaio Mario e Quinto Lutazio Catulo. Terminato lo scontro, sul terreno restano 140.000 barbari uccisi e altri 60.000 sono fatti prigionieri. I due comandanti discutono, perché entrambi sono convinti di avere il merito dell’eccezionale vittoria. Chi è chiamato a risolvere la disputa? Alcuni ambasciatori della giovane città di Parma – fondata poco più di 80 anni prima – sono scelti dalle due parti come giudici.
Racconta Plutarco che: “sorta una contesa fra i soldati, furono scelti come arbitri alcuni ambasciatori di Parma che si trovavano sul posto. I soldati di Catulo li portarono fra i cadaveri dei nemici e mostrarono che i corpi erano trafitti dai loro giavellotti, riconoscibili dal nome di Catulo che vi avevano inciso sul legno. Tuttavia, l’intero merito del successo fu attribuito a Mario, in considerazione sia della sua prima vittoria, sia della superiorità della sua carica”.
Il verdetto dei parmigiani in favore di Mario avrà gravissime conseguenze. Il luogotenente di Catulo, infatti, è il giovane Lucio Cornelio Silla, a capo della cavalleria. Silla se la lega al dito e per il resto della vita considererà Mario un nemico da battere. La rivalità fra Mario e Silla darà luogo una ventina di anni più avanti alla prima guerra civile di Roma.
Alla fine Silla avrà la meglio, con conseguenze negative per i cittadini di Parma. Una volta divenuto dittatore a vita, Silla toglie a Parma il controllo su Fidentia e su Tannetum (Sant’Ilario), rendendoli municipi autonomi. Espropria poi molte terre nel parmense a persone vicine a Mario, e le dona ai suoi veterani. Chissà se l’astio covato per due decenni verso quegli ambasciatori parmigiani ai Campi Raudii, è fra le cause di queste decisioni.