30.11.1882. Il san Francesco dell’Oltretorrente
30 novembre 1882 – Alpinolo Maupas è consacrato sacerdote e diventa padre Lino, il san Francesco dell’Oltretorrente.
Nato a Spalato il 30 agosto 1866, dopo aver girato a lungo, approda a Parma il 18 giugno 1893. Non se ne andrà fino alla morte, il 14 maggio 1924. Per 31 anni serve i poveri della città, abitando nel convento dell’Annunciata, frequentando il carcere, bussando alla porta dei ricchi per chiedere doni e portandoli ai tanti che hanno bisogno di tutto, non tenendo nulla per sé.
La Parma che conosce padre Lino è molto diversa dall’attuale. Ci fosse una classifica di qualità della vita a fine Ottocento, la città emiliana starebbe sul fondo. Con la nascita del Regno d’Italia, Parma è diventata un centro periferico e la sua economia è depressa. Dalle campagne, famiglie ricche solo di molti figli si riversano nell’area urbana, diventando lavoratori saltuari, nullatenenti, adattandosi ad abitare tuguri malsani, che si concentrano nell’Oltretorrente.
È proprio ciò di cui padre Lino va in cerca: poveri con i quali condividere una vita nell’imitazione di san Francesco, o meglio, di Cristo.
Se Robin Hood ruba ai ricchi per dare ai poveri, padre Lino chiede ai ricchi per dare ai poveri.
Non ha nemici, il francescano. La sua estrema generosità lo fa apprezzare tanto fra i miseri – non solo per l’aiuto che porta, ma perché è uno di loro –, che fra i benestanti, che ne riconoscono l’estremo disinteresse. Pure “i rossi” finiscono per l’amarlo: nel 1907, dei manifestanti cercano di appiccare il fuoco all’Annunciata; lui li ferma e quando arriva la polizia ci sono 67 arresti, ma al processo, padre Lino li difende e sono tutti scarcerati.
È cappellano del carcere di San Francesco e convince i detenuti a cantare, in un coro gregoriano. E pensare che da giovane era stato scacciato da un convento proprio perché cantava troppo…
Nel 1913 coordina l’azione delle diverse società di mutuo soccorso presenti a Parma. Allo scoppio della Grande Guerra diventa cappellano del treno ospedale numero 11 della Croce Rossa.
In città è famoso per il suo saio. Vi ha fatto cucire all’interno due tasche enormi. Gli servono per accumulare tutto ciò che trova: pane, abiti, attrezzi da lavoro; e al momento del bisogno, come dalla valigia di Mary Poppins, estrae il necessario da regalare a chi gli serve.
Regala tutto. Anche la propria camicia. Pure il suo materasso, riducendosi a dormire in terra in chiesa.
Sarà forse per questa trascuratezza di sé che un giorno, nell’atrio di casa Barilla, dove è andato per raccomandare l’assunzione di un padre di famiglia, padre Lino d’improvviso si spegne.
I funerali, celebrati da san Guido Maria Conforti all’Annunciata, durano tre giorni, con una partecipazione oceanica. I carcerati, non potendo venire a rendere omaggio alla salma, costruiscono con le loro mani la bara.
Ancor oggi, non passa giorno senza qualcuno che porti un mazzo di fiori alla tomba di padre Lino alla Villetta.