
30.10.1927. Filippo Corridoni rivestito di fascismo
30 ottobre 1927 – L’Oltretorrente è gremito di fascisti in uniforme, per l’inaugurazione del monumento a Filippo Corridoni.
L’uomo di bronzo alto quattro metri e mezzo che sta lassù, sul piedistallo di marmo di altri 9 metri, è un soldato colpito a morte con un proiettile in fronte. Corridoni è morto così, il 23 ottobre 1915, appena uscito da una trincea sul Carso.
La Parma degli anni Venti ama Corridoni. Questo giovane sindacalista arriva in città per la prima volta nel 1908, per sostenere il grande sciopero dei lavoratori agricoli. Continuerà a frequentare per il resto della vita la Camera del lavoro, che stava proprio a due passi dal monumento. Sindacalista rivoluzionario dalle idee originali, si lega in particolare ai fratelli De Ambris (Amilcare sposa sua sorella Maria).
Una figura che ha colpito tanto i parmigiani, che quando si alzano le barricate per respinge le squadracce di Farinacci e Balbo, accanto agli Arditi di Picelli viene formata anche un Legione proletaria Filippo Corridoni.
Ma allora com’è che ad innalzargli un monumento sono proprio i fascisti?
Corridoni aveva conosciuto anche Benito Mussolini, sempre attraverso i De Ambris, e nel 1914 era stato fra quelli che da antimilitaristi diventavano interventisti, come Mussolini, tant’è che sul Carso ci va volontario.
Al fascismo, che a Parma vuole conquistare il favore dei riottosi dell’Oltretorrente, questo basta per appropriarsi della figura di Corridoni e farne uno dei loro. Un’operazione mediatica di primaria importanza, al punto che la prima pietra l’aveva messa Mussolini in persona, il 23 ottobre 1925, decennale della morte.
Operazione iniziata da tempo. Già nel 1922, la madre Enrichetta Corridoni aveva pubblicato una piccata lettera contro l’uso del nome del suo “Pippo” da parte dei fascisti:
“La mia più alta antipatia contro coloro che si appropriano indecorosamente del nome di mio figlio Pippo, per vile sfruttamento e biasimevole fascino sulle masse. Non mai credano i fascisti agrari, che furono sempre irriducibili nemici degli ideali di mio figlio e della gioventù sindacalista odierna, di aver la benedizione e l’adesione di una povera madre. Torno ancora altamente ad urlare contro i vili usurpatori del nome di mio figlio Pippo, verso i tiranni di ieri e i despoti feroci di oggi”.
Toni simili li ha Alceste De Ambris in questo autunno 1927. Dal suo esilio in Francia, commenta la notizia dell’inaugurazione a Parma:
“Ladri di cadaveri e di glorie: il monumento che noi volevamo elevargli come simbolo di liberazione, verrà inaugurato dai suoi più odiosi nemici”.
Ma nonostante tutto, l’operazione di Mussolini riesce, anche perché gestita con relativa moderazione. A Parma, del monumento non si occupano fascisti facinorosi, ma persone che hanno consacrato la vita al ricordo dei morti della Grande Guerra. Il progetto del monumento è di Mario Monguidi e le sculture di Alessandro Marzaroli, che hanno realizzato molti dei cenotafi a caduti della provincia. L’epigrafe è dell’avvocato e poeta Ildebrando Cocconi, legato ai De Ambris, noto a tutti per lo spirito indipendente:
“A Filippo Corridoni, / che tutte accolse nel magnanimo cuore / le passioni della plebe italiana / santificandole / volontario della morte e della gloria / fra i canti della patria / sul cruento calvario delle frasche”.
E così il monumento che traveste il sindacalista rivoluzionario in fascista – anche se l’atto revisionista nel 1927 è evidente ai più – viene accettato da tutti.






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Succede il 30 di ottobre:

