Antichità,  Cultura & Società

3.9.381. Sant’Ambrogio caccia il vescovo di Parma

3 settembre 381 – Il vescovo di Parma Urbano viene condannato per le sue posizioni ariane.

I vescovi d’Italia, di Gallia e qualcuno dall’Illiria e dall’Africa sono riuniti ad Aquileia, per imporre anche sulla Chiesa occidentale i dogmi stabiliti nei grandi concili ecumenici in oriente. Già da alcuni decenni la cristianità cerca di mettere ordine fra le varie teorie in materia teologica: che rapporto c’è fra Dio creatore, Gesù Cristo e lo Spirito Santo? L’idea destinata ad affermarsi è quella della Trinità: Dio è l’insieme di quelle tre persone divine, ma non tutti ancora la pensano alla stessa maniera e la questione divide i fedeli da città a città.

Il vescovo di Parma ha altre convinzioni, sta dalla parte che la Storia giudicherà perdente. Per ora in ampia compagnia, visto che perfino il vescovo di Roma, il papa Ursino, la vede come lui. Non però sant’Ambrogio, figura dominante in quest’epoca, metropolita di Milano e paladino dell’ortodossia.

È proprio in una lettera di Ambrogio che si parla per la prima volta del vescovo di Parma, scritta nel 378. Il nome non c’è, solo la città. Oggi si ritiene che quel vescovo si chiami Urbano, ma per secoli lo si è detto Filippo. Come che sia, Ambrogio si lamenta che “Parmensis episcopus deiectus iudicio nostro ecclesiam tamen retinet impudenter” (“Il vescovo di Parma, deposto dal nostro giudizio, conserva ancora spudoratamente la Chiesa”).

Ecco allora che nella lettera degli imperatori Graziano e Valentiniano inviata in preparazione del concilio di pochi anni dopo, anche il nostro figura fra i casi da epurare:

Tanto più pernicioso è il vescovo di Parma, perché è più vicino a una famosa città, e aizza una moltitudine di vicini ignoranti, e turba la Chiesa, per questo il giudizio dei santi [i vescovi] lo ha respinto, aspettando invano la manifestazione di una decisione ufficiale: se il tuo predecessore avesse avuto un po’ di devota energia, lo avrebbe già dovuto spingere oltre i confini”.

Nell’originale latino è scritto così: “Parmensis episcopus eo perniciosior, quid inclytae urbi magis proximus, et imperitorum multitudinem vicinus exagitat et ecclesiam, de qua iudicio sanctorum praesulum deiectus est, inquietat, inanem vicilicet gloriam sententiae gravioris exspectans: quem si quid decessor tuus devoti vigoris habuisset, porro ultra fines debuisset extrudere”.

Gli atti del sinodo ad Aquileia – che poi sono gli appunti di sant’Ambrogio – ci sono giunti incompleti, limitati alle discussioni con due dei diversi vescovi sotto accusa, così non sappiamo se e come Urbano abbia provato a difendersi. Di certo è in minoranza e viene condannato. Fra i vescovi che pronunciano la sentenza c’è anche il vicino di Piacenza, Sabino, giunto al concilio in ritardo e quasi a sorpresa, forse uno di quelli che Urbano provava a “aizzare” contro Ambrogio.

Notizie certe su Urbano non ce ne sono. La tradizione locale lo diceva nato a Roma, inviato a Parma da papa Liberio nel 362 e rimasto in carica fino al 382, cioè deposto appena la decisione del sinodo di Aquileia arriva in città. Al suo posto viene scelto Enrico, consacrato da Ambrogio e quindi finalmente un episcopo rispettoso dei dogmi ufficiali. Sempre seguendo la tradizione, Urbano non sarebbe il primo vescovo di Parma, essendocene stati altri già dal 320, da quando era papa Silvestro.

Mosaico raffigurante sant'Ambrogio, basilica di Sant'Ambrogio a Milano, cappella di San Vittore in ciel d'oro, V secolo
Mosaico raffigurante sant’Ambrogio, basilica di Sant’Ambrogio a Milano, cappella di San Vittore in ciel d’oro, V secolo

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