3.8.1969. Quattro fratellini annegano nel Po
3 agosto 1969 – Mario 15 anni, Roberto 14, Mauro 12 e Paolo 10 anni, sono i fratelli Ranzini, figli di Renata Ranzini e di Ugo Rosi, che abitano in tre stanze nei capannoni del Castelletto, in via Zarotto. Una famiglia povera, che d’estate può permettersi al massimo una gita in Po, proprio come oggi, il 3 agosto 1969.
I quattro fratelli sono a Viadana, accanto al ponte, con la mamma e la nonna e altri due fratelli più piccoli, Tullio e Dante, che con i loro 7 e 3 anni non sono ancora ammessi ai giochi dei “grandi”. Babbo Ugo non è venuto; è a Modena a cercare lavoro.
Sono arrivati a Boretto in treno ed hanno pranzato con pesce e brodo. Dopo mangiato – sono le 14 – giocano a palla poco oltre la riva e la palla vola lontano. Poco male: sguazzare per andare a recuperarla è divertente come lanciarsela. Fanno a chi arriva prima, correndo con l’acqua alle ginocchia, quando, d’improvviso, il fondo di limo sotto i piedi non c’è più. Mario, Roberto, Mauro e Paolo cadono in una buca del Grande Fiume, fonda cinque, forse sei metri. Nessuno di loro sa nuotare. Annaspano, si aggrappano l’un sull’altro; da riva vedono qualcosa, il tono delle grida è cambiato, non è più gioia, è paura. Ma accade tutto in un momento: le urla, lo sbatacchiare dell’acqua, Tullio corre verso la corrente ma la madre lo trattiene, poi silenzio. In pochi minuti, i quattro fratelli Ranzini sono morti annegati insieme. Per una palla scappata via. Per l’imprudenza di chi non conosce il Po.
Ora è la madre che grida. Operai e pescatori ancora seduti a tavola in una vicina osteria, la sentono e corrono e guardano e entrano in acqua, ma è tardi. La corrente ha trascinato sotto e lontano i corpi già senza vita dei quattro fratelli. I pescatori portano le reti e nel giro di poco, uno alla volta, ritrovano le salme di Mario, Roberto e Paolo, poi allineate sulla sabbia. Per ritrovare Mauro occorre l’intervento dei vigili del fuoco, che esplorano il punto più fondo del fiume.
Restano solo le lacrime. A Boretto per una veglia funebre e a Parma per i funerali nella chiesa del Corpus Domini accorrono migliaia di persone. La tragedia colpisce l’Italia intera e anche il presidente della Repubblica Saragat invia una corona di cordoglio. Per aiutare la famiglia, una colletta pubblica raccoglie oltre un milione di lire: Mario era l’unico con un’occupazione stabile, fattorino, mentre il padre lavora solo occasionalmente raccogliendo rottami e stracci.
Quella dei fratelli Ranzini è una delle mille e mille e mille tragedie del Po, che si ripetono dall’alba dei tempi e ancora oggi. Le acque del Grande Fiume paiono placide, ma non lo sono. Di tutte queste sciagure, la morte dei quattro fratelli Ranzini è forse la più dolorosa.