29.5.1330. La città avvolta nel fetore
29 maggio 1330 – Un insopportabile puzza avvolge Parma. In piazza il fetore è tale che tutti coloro che vi lavorano fuggono altrove. Le persone che proprio non possono fare a meno di passare per la piazza, si procurano mazzetti di menta, timo, salvia o qualsiasi altra erba odorosa, e li tengono davanti al naso per mascherare i miasmi nell’aria.
Il podestà è il primo a spostarsi fuori dalle mura, insediandosi in Vescovado: si legge sul coevo Chronicon parmense che
“Circa il fine di magio, il potestà con sua familia, qual era solito stare ne le case del Comune, ne uscì et andò a stare nel palazo episcopato, et ivi tenea e rendea ragione con suoi judici, et gli notarij similiter stavan ivi con lui a far le scriture et officio loro, e se alcuno concilio era oportuno di fare lo faccan supra il palazo de gli anciani”.
È “tanto grande il fetore e la puza che alcuno non potea stare, andare o comparire in piaza ne in palazo comune, ne in casa del potestà, ne soto il palazo, ne judici ne cambiatori potean stare a le tabule né a’ lochi loro soliti; e queli che eran forzati de necesità passar per piaza, portavan sotto il naso herbe odorifere”.
A cosa si deve tanto inquinamento? Da sette anni, nessuno pulisce più il canale in cui scaricano le fogne del centro urbano, che passa proprio sotto la piazza. Un canale che non ha uscite, di fatto una fossa settica, che andrebbe vuotata. Il canale è pieno, strapieno, al punto “che le persone non potean fare le necesità del corpo a suo bisogno”.
Finalmente, il Comune si decide ad assumere qualcuno perché lo svuoti, ma il lavoro è impegnativo. L’aria tornerà respirabile solo a metà giugno, dopo oltre 40 giorni di malsane esalazioni.