Età contemporanea,  Politica

29.3.1848. Uno Statuto illuminato mai entrato in vigore

29 marzo 1848 – Il duca Carlo II di Borbone firma lo statuto che fa di Parma una monarchia costituzionale. Ma è una concessione effimera. L’atto non sarà mai davvero promulgato. Per qualche giorno, il Ducato ha la possibilità di diventare un moderno illuminato piccolo regno.

Lo statuto del 1848 viene scritto dal consiglio di reggenza nominato dopo i moti di quest’anno burrascoso, mentre si combatte la Prima guerra d’indipendenza. Carlo sa che il suo trono è assai precario, tanto da accompagnarne il testo con una lettera nella quale si dice pronto ad accettare per Parma le decisioni di Piemonte, Toscana e Stato della Chiesa, sperando di essere indennizzato qualora debba rinunciare alla città. Non succederà: la guerra sarà vinta dall’Austria, che sostiene i Borbone, e nella primavera del ‘49 il duca lascerà il trono a suo figlio Carlo III, che di statuti non ne vuol sentir parlare.

Finché c’è Carlo II però, la possibilità dello statuto è reale.

La carta proposta per il Ducato di Parma è più liberale di quella concessa a Torino tre settimane prima, il famoso Statuto Albertino.

Lo Stato verrà retto da temperata monarchia ereditaria costituzionale sulle forme rappresentative”, recita l’articolo 1. Quell’aggettivo, “temperato”, a Torino Carlo Alberto non lo promette.

Il cristianesimo cattolico è religione di Stato, ma “gli altri culti ora esistenti sono permessi”, non solo “tollerati” come nell’Albertino o completamente esclusi come nel regno delle Due Sicilie.

Il diritto di voto previsto a Parma è universale, per tutti i maggiori di 25 anni (lo statuto non distingue neppure sul sesso), a differenza che nel Regno di Sardegna, dove il diritto di voto è regolato da leggi ordinarie, che ammettono alle urne solo chi ha un reddito minimo dichiarato.

Per Parma è prevista una sola Camera composta esclusivamente da persone elette dal popolo, mentre sotto i Savoia c’è anche il Senato, dove siedono persone nominate a vita in virtù di incarichi assegnati dal sovrano. E se lì non è previsto alcun compenso, a Parma è deciso che avranno un’indennità, il che apre la politica anche a chi non è ricco o corrotto.

Carlo Alberto tiene per sé il diritto di imporre nuove tasse, col solo obbligo di informarne prima il parlamento. Carlo II di Borbone prevede che solo la Camera possa autorizzare i tributi.

Se lo Statuto Albertino ha al centro la figura del re, cui sono dedicati 22 dei primi 23 articoli, che blindano proprietà e rendite della casa reale, la costituzione del Ducato si limita ad affermare che “La persona del principe è inviolabile” e lascia ad una legge da votare alla Camera la decisione su quale dotazione abbia diritto.

Nonostante concessioni assai più ampie che quelle dei Savoia, nel plebiscito del 1848 – pure questo effimero –, il 95% dei voti vanno all’annessione con Torino. Così lo Statuto del 29 marzo resta dimenticato per sempre in un cassetto.

Carlo II di Borbone, acquerello del 1850 circa
Carlo II di Borbone in un acquerello del 1850 circa

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