
28.8.1802. L’incidente stradale di Ugo Foscolo
28 agosto 1802 – Ugo Foscolo scrive al caro amico Giambattista Bodoni, inviandogli in anteprima la stampa della sua Orazione pel Congresso di Lione, un panegirico su Napoleone scritto per sostenere la creazione di una Repubblica italiana.
Foscolo e Bodoni sono grandi amici. Come racconta lui stesso in diverse lettere, il noto poeta è passato in diverse occasioni da Parma ed ogni volta è ospite del grande tipografo, nel suo appartamento all’interno del palazzo della Pilotta.
La copia dell’Orazione è un dono che ricambia un’opera greca che Bodoni a sua volta aveva regalato allo scrittore quattro anni prima, dal titolo significativo: Doni dell’ospite (ξενια δώρα; Xenia dona).
Foscolo ci tiene a far avere sempre i suoi libri a Bodoni. Ancora nel 1802, in ottobre, gli invia uno dei 1.600 esemplari de Le ultime lettere di Jacopo Ortis, raccontandogli di aver “dovuto fare da compositore, da torcoliere, da proto, da legatore”. Allo stesso modo, il 15 luglio 1807, Foscolo lascerà a Bodoni una prima edizione fresca di stampa dei Sepolcri ed un’altra la lascia per Angelo Mazza, l’altro suo amico parmigiano.
La prima volta che Foscolo viene a Parma è probabilmente nel 1798 e a accoglierlo in casa propria è Bodoni. Il tipografo frequentemente invita artisti di penna e di pennello a fermarsi nella sua abitazione. Da allora, ogni volta che torna, Foscolo cerca di rincontrare il generoso ospite.
Fra i due vi è un rapporto di profonda stima e pure di fiducia. Tanto che il 26 luglio 1813, il poeta affida a Bodoni tre cambiali ottenute da un suo creditore, perché le negozi per lui così da poterne riscuotere subito almeno parte del valore, cedendole a terzi (“anco al sessanta per cento di sconto”), nel timore che il firmatario fallisca prima della scadenza.
A Parma, Foscolo ha vissuto anche disavventure. Come il 15 agosto 1812, quando, mentre stava viaggiando verso la città ha un incidente stradale. “Un accidente fracassò quasi il mio legno su la riva del Po; e mi fu forza di perdere sette lunghe ore a farlo racconciare”. Giunge così a Parma solo a notte fatta e riparte alle 5 del mattino: dovendo per una volta rinunciare al consueto saluto a casa Bodoni, lascia una lettera in cui racconta l’episodio, con “ossequj” anche per “madama Bodoni”.
Quell’incidente è presto dimenticato, non invece un’altra spiacevole evenienza, la messa in scena della sua tragedia La Ricciarda nel febbraio 1814, ma in versione censurata, “con più di 100 versi espunti”, commenta amaro Foscolo. “Qui si voleva […] costringermi ad approvare o tollerare la politica mutilazione: negando io, si volle oppormi l’impresario come padrone della tragedia”. Ma lo scrittore si oppone e offre denaro di tasca propria all’impresario perché rinunci allo spettacolo. “Ma i politici insistevano per indurmi a fare uno scandalo: io, per ritirare la tragedia, la ho affettatamente screditata”. Foscolo non poté allora appoggiarsi all’amico Giambattista Bodoni per sostenere le sue ragioni, perché questo era morto tre mesi prima.


