27.3.1799. Il papa prigioniero nel convento di San Giovanni
27 marzo 1799 – Il generale Gaultier, capo dell’Armata d’Italia, comunica al papa che dovrà partire subito per Parma, dove resterà prigioniero. Il papa in questione è Pio VI, Giannangelo Braschi, ostaggio di Napoleone Bonaparte, che il 15 febbraio dell’anno prima lo ha costretto a lasciare Roma, mandandolo prima a Siena e poi alla certosa di Firenze. Ma in Toscana il pontefice continua a incontrare cardinali e vescovi, continua a governare la Chiesa e a Napoleone questo non sta bene, così lo destina ad un nuovo esilio: Parma.
In città Pio VI arriva il 1° aprile alle 5 del pomeriggio. Viaggia con sei carrozze a quattro cavalli e un grande carro. Il suo seguto conta una quarantina di persone, oltre all’inevitabile scorta di dragoni francesi. A Parma lo accoglie una grande folla acclamante, tanta che alcune vie sono bloccate. Ma lui è tanto vecchio – 82 anni – e tanto ammalato che non riesce neppure a salutare dal finestrino.
L’arrivo del papa non è stato annunciato ufficialmente al governo ducale. Il duca Ferdinando è imbarazzatissimo. Anche se Parma resta formalmente autonoma, di fatto il duca deve accondiscendere a tutti gli ordini di Parigi. E Parigi ha ordinato che il papa stia a Parma, ma senza clamore. Come un prigioniero, non come un’ospite. Che sia visto come terribile simbolo del passato oscurantista, invece, la città è tutta in strada ad applaudirlo. Ferdinando è un convinto cattolico, ma ha una gran paura dei francesi. Come si fa a non mancare di rispetto al papa, ma anche a non suscitare i risentimenti dei transalpini anticlericali?
Pio VI alloggia presso il convento di San Giovanni, scelto da lui stesso, nell’appartamento detto “rosso”, arredato con suppellettili e mobili prestati dalle famiglie nobili più devote di Parma. All’ingresso del monastero restano sempre alcuni soldati, pur disarmati, per controllare che il papa non esca e soprattutto che nessuno entri per parlargli. Che il papa esca è davvero improbabile: non riesce neppure più a camminare. E qualche visita in realtà il pontefice la riceve.
Il giorno dopo il suo arrivo, l’intera famiglia ducale lo va ad omaggiare. Il frequentatore più assiduo è il vescovo Adeodato Turchi. Ma l’ambasciatore di Francia ha detto e ripetuto che – per carità – il papa non si metta a far politica.
Per il duca Ferdinando la soluzione non può che essere una: portatelo via da Parma.
Così, in quella che nell’immediato pareva essere la destinazione definitiva di Pio VI, il pontefice resta solo due settimane. Il 13 aprile al papa viene intimato di ripartire di nuovo, con destinazione Torino e poi la Francia. Al duca Ferdinando è chiesto di scortarlo con 12-20 uomini e di fargli passare il Po. Avesse obiezioni, un distaccamento di cavalleria francese è già pronto a passare il confine per venire a prendere l’anziano prelato.
Ferdinando obbedisce ben contento. Ma il papa è davvero ammalato. Ha le convulsioni. I due migliori medici di Parma lo visitano e confermano che se partisse potrebbe morire. Ai francesi importa poco: l’ordine è di mettersi in moto. A salvare il papa è solo la piena del Taro, che impedisce a carrozze e cavalli di essere traghettati. Il viaggio è rimandato, anche se di un solo giorno. Ventiquattro ore bastano per rimettere il papa da coricato a seduto.
Pio VI e il suo seguito lasciano Parma alle ore 6,00 del 14, si fermano a Borgo San Donnino dove alloggiano in vescovado e il 15 arrivano Piacenza. Pio VI chiede ospitalità al collegio Alberoni di San Lazzaro. Riparte il 15 alle 7,30, passa il Po alle 8,15 sul ponte di barche diretto a Lodi, dove sta il quartier generale francese. Ma alle 13,00 viene riportato indietro. In Lombardia i francesi stanno combattendo contro la Seconda coalizione, con migliaia di morti e feriti. I tedeschi stanno avvicinandoli proprio alla via per Lodi: da lì il papa non può passare, non si sa mai che i nemici se lo prendano. Se lo stanno allontanando da Parma è proprio per timore che qualcuno arrivi a liberarlo.
Riparte il giorno 16 alle 3,15 del mattino per Castel San Giovanni. Partenza e ritorno sono salutati dalle grida di moltissima gente venuta ad acclamare il papa, che è sempre più infermo e stanco. Lo vedono piangere e viene spostato sollevandolo.
Pio VI lascia il territorio del Ducato di Parma la mattina del 17 aprile 1799. Il suo esilio qui è durato meno di tre settimane. Proseguirà a Torino, Grenoble, Briançon e Valence, dove muore il 29 agosto.