Cultura & Società,  Età contemporanea

27.12.1815. Quel ladro di Napoleone

27 dicembre 1815 – Giunge a Parma la notizia che il conservatore della Galleria del Belvedere di Vienna signor Rosa è arrivato a Milano con un carico di 32 casse di opere d’arte. Vengono da Parigi e 13 di queste sono destinate a Parma. Si tratta di beni culturali che erano stati trafugati dai francesi negli anni di dominio di Napoleone.

Il 7 maggio 1796, Napoleone con 5.000 granatieri e 1.500 soldati a cavallo occupa Piacenza, fermandosi due giorni. Non conquista il Ducato di Parma, accontentandosi di un accordo col duca che gli garantisce una somma enorme di denaro e tutte le più belle opere d’arte. È una vera razzia, che si estende a oro, argento e generi alimentari. Poche settimane dopo, un gruppo di curatori francesi incastrano su un corteo di carri tele e statue, direzione Louvre.

L’armistizio del 1796 afferma che potevano essere presi dal Ducato “venti dipinti a scelta di Napoleone”, ma i francesi negli anni seguenti portano via molte di più opere, 63, tante sottratte a conventi e confraternite soppressi fra 1798 e 1810. In Francia, Napoleone aveva voluto anzitutto La Madonna di San Girolamo e la Madonna della scodella di Correggio e sculture e bronzi degli scavi archeologici di Velleia.

Appena chiuso il Congresso di Vienna, che garantisce l’autonomia di Parma assegnandola a Maria Luigia, il governo locale si attiva per riavere indietro le opere confiscate, inviando oltralpe l’esperto Giuseppe Poggi. Il ministro conte Filippo Magawly Cerati insiste soprattutto per riportare in Emilia l’Archivio farnesiano, la tavola traianea di Velleia e i quadri.

Quante delle sessanta e più opere sono davvero tornate a casa? Nelle casse portate dal signor Rosa ce ne sono 30 e otto bronzi arriveranno, ma le altre restano ancora a Parigi o sono disperse, vendute sottobanco in un mercato senza scrupoli. Ad oggi, rimangono al Louvre una Vergine col Bambino di Cima da Conegliano che apparteneva al convento di San Domenico di Parma, un’altra Vergine col Bambino dei primi del Cinquecento di Francesco Marmitta tolta dalla chiesa di San Quintino, il San Corrado di Lanfranco che era nella cattedrale di Piacenza, L’Incoronata di Giuseppe Maria Crespi “lo Spagnolo”, presa dalla chiesa di San Sisto sempre a Piacenza.

Quella napoleonica non è stata l’unica spoliazione subita dal patrimonio artistico di Parma. La prima, decisamente la più pesante, è del 1735-36, quando il duca Carlo di Borbone diviene re di Napoli e porta in Campania collezioni, arredi e suppellettili dei Farnese. La terza, dopo Napoleone, del 1862-68, con il neo re d’Italia Vittorio Emanuele II che ordina di prendere quel che resta per arredare le sue residenze o anche solo far cassa, con vendite all’estero.

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