27.1.1606. Ore 15,30, crolla la torre
27 gennaio 1606 – “Cascò la torra di Parma a hore 15 ½ in giorno di venerdì et per memoria vi morse sotto vintisette persone: il bello edificio ch’hogi ci sii in Parma era la sudd. torra et li magazini che gi erano sotto”.
Così la cronaca di Andrea Pugolotti racconta il crollo della torre civica. La torre più alta di Parma e di tutta Italia, che svettava per 130 metri. La torre si schianta precipitando verso la piazza, investendo il palazzo del capitano e la gente che vi stava camminando e sostando davanti.
È un disastro annunciato, perché i segni di cedimento erano evidenti da tempo. Nel settembre precedente, Giovan Battista Magnani, architetto ufficiale della città, aveva messo nero su bianco che “Per mio parere detta torre potria ruinare in breve”. La torre si era infatti inclinata con uno sbilanciamento di oltre un metro verso la piazza:
“Calarono le fondamenti in modo che vi si è cagionata la declinazione di tutta la torre civica di once 24 verso settentrione. Dal piano d’archivio sino alla sommità della seconda stanza sono molte aperture per il longo quasi a perpendicolo, et altre sono oblique, con molte gonfiezze che causano svuotature nel corpo della muraglia, in modo che vi si può conficare facilmente un braccio umano”.
Quella torre, un vanto per Parma, era stata costruita nel 1287 su solide basi, con una pianta quadrata. Ma poi erano stati aggiunti nuovi piani, in cima era stata elevata una cuspide ottagonale, vi erano state impiantate decorazioni in pietra e un orologio con figure meccaniche in movimento, vi stava accumulato l’archivio comunale. Tutto senza pensare ai limiti strutturali della costruzione.
Il crollo lascia nella gente di Parma una grande paura. Ci sono altre torri in città: e se capitasse di nuovo? Un timore che a distanza di tempo basterà da solo a causare un secondo dramma.
Alle 27 vittime del 27 gennaio 1606 ne vanno allora aggiunte altre, morte diversi anni dopo per il panico suscitato dal ricordo di quel giorno terribile.
Accadrà il 1° maggio 1628, nel monastero di San Giovanni, che al grido “Casca la torre!” una grande folla si accalchi correndo, tanto da travolgere i più lenti, deboli e vecchi, che calpestati ne escono feriti a morte. Quel giorno, i frati benedettini distribuivano gratis il pane ai poveri ed erano venute migliaia di persone a chiederne. Il campanile era stato costruito da poco, terminato il 17 settembre 1621. Ad un certo punto, si sente quel grido maledetto, urlato chissà perché da chissà chi: “Casca la torre!”. Il ricordo della caduta della torre civica è ancora così fresco da causare reazioni emotive incontrollate. Tutti prendono a correre. Il campanile di San Giovanni non cade affatto, ma basta la paura che possa succedere ad uccidere: il cronista Pugolotti scrive che nella calca perdono la vita 43 persone e molte altre restano ferite, anche gravemente, tanto che nei due giorni seguenti muoiono altre 11 persone, senza contare “quelli ch’ha sotterato li frati, che non si sanno”. La torre non caduta ha fatto più danni di quella schiantata.