26.8.1814. Processo alla massoneria
26 agosto 1814 – L’austriaco Heinrich conte di Bellegarde, commissario plenipotenziario nel Ducato di Parma, mette al bando tutte le società segrete. Pochi anni dopo, in virtù di questa norma e di una denuncia dall’estero, saranno processati e condannati tutti i presunti aderenti alla loggia massonica dei Sublimi maestri perfetti, fondata a Parma nel 1820 e subito dopo a Guastalla, filiazioni di quella quella di Torino.
Nel parmense, le prime logge massoniche nascono nel periodo napoleonico: la loggia Des amis de la Gloire et des Arts (1802), I filadelfi (1804) e Les Enfants de Minerve (1808). Ma quando l’impero di Parigi crolla, per le società segrete che sognano regimi liberali inizia un periodo di crisi.
Nel regno di Maria Luisa, nessuno pare interessato ad indagare sui liberi muratori. Ma il 7 aprile 1822, il governo di Modena di Francesco IV mette a parte le autorità parmigiane dei risultati di un’inchiesta nella quale sono coinvolti anche alcuni sudditi ducali; il governo – in piena Restaurazione – non può far finta di nulla e ordina un processo.
La commissione giudicante viene istituita il 13 ottobre 1822. L’indice è puntato contro un gruppo di una ventina di liberali. I più in vista sono i docenti universitari Jacopo Sanvitale e Ferdinando Maestri, l’avvocato Pietro Gioia, il farmacista Ludovico Gardoni, poi Ambrogio Berchet, Antonio Bacchi e Giacomo Martini, maggiore, capitano e guardia nel reggimento Maria Luigia.
Questi ultimi sono tutte e tre condannati a 10 anni di prigione, ma Bacchi la evita scappando in Francia, mentre Martini, il saggio della Chiesa dei Sublimi (cioè il presidente), ne sconta due nei bagni penali di Cagliari e di Fenestrelle e poi e esiliato a Londra. Sante Marchi e Giuseppe Grimaldi, che lavorano alla podesteria di Guastalla, sono condannati a 10 di relegazione e graziati due anni dopo. Giovanni Grossardi a 8 anni. Alcuni sono assolti.
Il verdetto più pesante colpisce Giuseppe Micali, segretario comunale di Borgotaro, che nel corso del procedimento scrive una lunga memoria sull’attività del gruppo, poi ritrattata: il 21 aprile 1823 i giudici lo condannano a morte. Maria Luisa interviene e commuta la pena in dieci anni di confino o di prigione; lui sceglie la seconda.
Berchet e Micali scontano la pena nel castello di Compiano, trasformato in carcere. Nel 1831 saranno raggiunti anche da alcuni studenti arrestati dopo i moti di quell’anno.
Anche per questo, diversi decenni più tardi il castello di Compiano è stato scelto per ospitare l’unico Museo della massoneria in Italia. Oggi, nell’antico maniero sono esposti 750 oggetti con simboli massonici, raccolti dal medico, poeta e partigiano Flaminio Musa (1921-2009), nato proprio a Compiano, e allestiti dal Grande Oriente di Parma nel 2002. Una raccolta nata per far conoscere la massoneria a chi non ne fa parte.