26.8.1306. Soldi negati al vescovo assenteista
26 agosto 1306 – Il vescovo di Parma Papiniano della Rovere parte per la Francia. È stato invitato a Lione per l’incoronazione del nuovo pontefice Clemente V, quello che sposta il papato da Roma. Il soggiorno si prolunga e mantenere lui e il seguito costa. Così Papiniano scrive al clero di Parma chiedendo, per favore, soldi. Ha bisogno di 500 fiorini d’oro, in aggiunta a tutti i benefici che già di diritto gli spettano.
La somma viene divisa fra i preti, i cappellani, i monasteri… Ma non tutti vogliono pagare: niente meno che i canonici della cattedrale – la crème del clero diocesano –, si rifiutano di mettere la loro parte.
Parma è oppressa da guerre, cattive stagioni agricole e pure Clemente V ha chiesto un obolo, insomma, di soldi non ce ne sono più. Ma il problema è anche un altro: chi è questo Papiniano!?
Nominato vescovo, è arrivato a Parma nell’agosto 1300 e il maggio successivo è partito per Roma. Da allora non si è più visto. Sono cinque anni che Parma mantiene questo vescovo che non conosce.
Mica è colpa sua, povero Papiniano. È il papa che lo chiama sempre lontano, per incarichi di alto livello; sia Bonifacio VIII che Benedetto XI lo vogliono vicecancelliere apostolico. Da lontano, non manca di governare la sua diocesi. Ma neppure i parmigiani hanno colpa, perché non hanno mai avuto occasione di apprezzare le qualità del prelato, di cui in città ci sarebbe tanto bisogno, per cercare di frenare le lotte fra fazioni.
Come che sia, a Papiniano il rifiuto dei canonici della cattedrale non piace proprio. Li minaccia tutti di scomunica se non sganceranno quanto graziosamente richiesto.
I preti non ci stanno e si appellano al nuovo papa. Che risolve la faccenda in modo definitivo: rimanda Papiniano a Parma, che così può iniziare a fare il vescovo a tempo pieno e spendere meno.
Papiniano non rientra nei progetti di papa Clemente V, legato mani e piedi al re di Francia Filippo il Bello. Ma il nostro non rinuncia certo alla grande politica. Da Parma costruisce nuovi e forti legami con l’imperatore Enrico VII, nel quale vede l’unica possibilità per portare un po’ di pace a Parma e nel resto d’Italia. Pur senza più lasciare la sua diocesi se non per brevi periodi sino alla morte il 14 agosto 1316, il vescovo Papiniano continuerà ad essere uno dei protagonisti del suo tempo, attraverso la diplomazia e pure la forza.